sabato 31 dicembre 2011

Si può morire per mancanza d’amore

Recentemente in televisione (credo su Rai Storia), è andato in onda un bellissimo documentario su Marlyn Monroe. Gli ultimi anni della sua vita, gli amori, i suoi film ma soprattutto il difficile e complicato rapporto con l’ultimo dei suoi psicanalisti, Dr. Ralph Greenson. Tra gli altri, la Monroe a Londra ebbe come psicanalista anche Anna Freud. Le lunghe sedute con Greenson sono registrate. Si sente la sua voce calda, seducente. In uno di questi incontri Marilyn chiede al suo analista: ”Si può morire per mancanza d’ amore?”


Marilyn era una donna bellissima, una brava attrice, amata e desiderata da tutti, tra i suoi amori anche il presidente Kennedy. Come poteva sentirsi non amata? Un’ infanzia infelice, sfortunata, avevano provocato in lei una fragilità che con gli anni era diventata sempre più evidente. Era il suo splendido corpo l’oggetto di desiderio degli uomini. Lei voleva qualcosa di più, quel qualcosa che nemmeno Arthur Miller riuscì a darle. L’alcool e gli psicofarmaci, con cui tentava di annullare il suo dolore, la uccisero a Los Angeles, la notte del 4 agosto del 1962. Sulla sua morte molto si è indagato, qualcuno ha parlato di omicidio (FBI, Mafia?), comunque la sua fine rimane avvolta nel mistero.


Molti anni fa posi la stessa domanda al mio analista. Sì, si può morire per mancanza d’amore, quando si è soli, disperati, quando nessun affetto ci circonda e nessun dio ci consola. Una patina di gelo si crea attorno al cuore e un muro di gomma ci isola dagli altri. Il freddo raggela la vita, che inizia a spegnersi poco alla volta. E al deserto della vita si accompagna spesso il deserto dell’anima. La notte oscura.

giovedì 1 dicembre 2011

31 gennaio 1987

Dovevamo approfondire il tema delle favole. Ed era un argomento che a me piaceva molto. Hélèn poi era una vera esperta in materia. Per molti anni aveva insegnato ai giovani analisti come interpretare miti e simboli delle favole, ma non conservava le copie delle sue conferenze. Era una persona umile e distaccata. Non pensava a un possibile libro futuro. Cercando nella sua libreria trovammo le prime edizioni del magazine della Self Realization Fellowship di Yogananda e la prima versione dell’ “Autobiografia di uno Yogi”. Trovammo solo due copie di due suoi interventi.


La malattia, intanto, era progredita, gli spazi di lucidità erano sempre più rari e imprevedibili. Quel giorno il mio taccuino rimase in bianco……..

Le favole

Le favole sono fatte per le famiglie , per gli adulti. Le favole orride non si raccontano ai bambini. C’è nell’essere umano un bisogno di cose terribili. Nelle favole ci sono il bene e il male, la fate e la strega, il mago e l’orco. Varianti diverse. Sono un insegnamento.

La chiamata

Necessità di adattamento senza compromessi. L’umiliazione fa parte della nostra esistenza. L’uomo ha bisogno di una lezione. Esperienze necessarie per gli eletti. Le ‘chiamate’ sono necessarie per gli iniziati. All’inizio ci può essere un momento di orgoglio, poi passa. C’è da lavorare. Sono rapidi i momenti, gli umori: depressione, generosità, orgoglio. Gli esseri umani hanno molte cose dentro, per questo non bisogna mai essere rigidi nel giudicare gli altri.

domenica 27 novembre 2011

La scelta di Hèlén

Hèlén era destinata a fare l’avvocatessa, ma non era quello che voleva fare. Desiderava aiutare gli altri. Ma come? Era spinta da questa decisione di aiutare il prossimo senza sapere bene come. Hélène e l’avvocatessa, erano all’epoca due persone molto diverse.


“Mi sono sentita persa,-mi dice- fare l’avvocato era l’ultima cosa che volevo fare. Ne parlai con Bernhard e lui mi chiese: Che cosa ha deciso? Bernhard mi ha salvata. Mi sono detta: Che cosa vado a fare in un lavoro- galera? Poi lui è venuto in Italia e io l’ho seguito. Lui mi ha salvata. Lui mi disse: Che cosa c’entrate voi con il diritto? Risposi: Ho fatto una buona laurea, mi sembrava giusto continuare. Lui non replicò.”


“Ho conosciuto Yogananda e il mio cambiamento si è realizzato. Ho fatto ciò che dovevo fare. Il mio ‘senso di orientamento’ è comico, fare l’opposto per capire che avevo sbagliato. Con i pazienti è andato tutto facilmente. Un contatto che mi aspettava. Non mi sono mai sentita fuori luogo. Era tutto liscio. Il contatto umano era facile. Scegliendo la cosa più sbagliata, alla fine, mi è andato tutto bene.’Deo concedente’.”

Il rischio come un gioco?

"Prendiamo come esempio qualcuno che ha bisogno di mettersi alla prova, arrivare all’estremo e mostrare fin dove l’essere umano è capace di arrivare."


E’ orgoglio o è una chiamata che segue in tutta umiltà? Quale è la ragione profonda della sua scelta?


"Giocare con il limite delle forze umane. Mostrare che ci sono cose che l’essere umano reputava impossibile e che invece lo sono. Mostrare l’estensione delle capacità umane Fare il proprio ‘compito’ nella vita. Se non si hanno dubbi, quello che abbiamo scelto è il nostro compito. Bernhard diceva:” Noi facciamo le cose facendole”. Sono spinto a questo, lo faccio. Se ci sono dubbi, evito, cerco di capire. Se non ci sono dubbi, va bene. Lahiri Mahasaya ripeteva: “ Facendo, facendo, poi è fatto”. Ci vuole una certa umiltà per seguire questa chiamata. Ghandi, padre della non violenza, ha mostrato al mondo che si può fare una rivoluzione senza violenza. Spesso le cose importanti sono semplici."


sabato 19 novembre 2011

Umiltà e purezza

“La prova dell’ esame. Senza uno sforzo non avremmo neanche la soddisfazione per il successo ottenuto. E’ insito nell’essere umano che la prova sia difficile. Lucio viene trasformato in asino e deve accettare questa umiliazione. Lucio era di nobile famiglia, ricco, colto. Per abbattere l’Ego è essenziale per lui questa esperienza, per ritornare ad essere semplice e puro. Deve essere valoroso e deve essere umiliato per poi diventare umile. Senza umiliazioni, amarezze, non c’è cambiamento. E’ necessaria la conoscenza per accedere ai gradini superiori dell’iniziazione e ottenere la purezza di un bambino.”


“Prendiamo l’umiliazione di Gesù. Gesù l’ha accettata per salvare il mondo . Gesù non perde la coscienza di sé, anche se la situazione potrebbe portare a questa conseguenza. Così lui fa l’esperienza che Dio è Lui e non lo rinnega. ‘Padre, perché mi hai abbandonato!’ , grida. Per un momento Gesù rischia di perdere la coscienza di sé. Raggiungere il limite per potere mantenere la coscienza di sé, come Figlio di Dio.”


“Tutti coloro che scelgono lavori rischiosi o sport rischiosi, per esempio come Messner, l’alpinista, vogliono raggiungere i limiti imposti dalla vita. Dalla coscienza emerge una domanda di prova. E’ il destino, una chiamata, a cui bisogna rispondere.”


L’asino d’oro di Apuleio.

“Lucio è un giovane greco con il destino da iniziato. Una pomata magica lo trasforma in un asino, pur conservando la sua intelligenza. Il suo destino è scendere nel più semplice per poi ritrovare l’ elemento umano. Fare l’esperienza dell’iniziazione ad alto livello. L’animale ha bisogno di molto più tempo per evolvere. La conoscenza, la curiosità, vengono punite come se gli dei non volessero essere superati dagli uomini. Lucio invoca la dea e la dea lo salva e ne fa un suo sacerdote. Lucio vuole conoscere. “


“Senza le esperienze dolorose – continua Hélèn- non arriveremo a comprendere il senso della nostra vita. Dobbiamo passare attraverso gli estremi. In tutte le religioni monoteistiche l’individuo, prima di essere iniziato, deve subire molte prove. La conoscenza è dentro. Si arriva alla conoscenza attraverso l’esperienza. E facciamo la conoscenza attraverso il dolore, la prova. Non si possono fare le cose troppo facili, altrimenti non ne vale la pena. Il candidato deve mostrarsi degno della prova Chi vuole entrare in un cerchio valoroso deve affrontare delle prove.”

sabato 29 ottobre 2011

Come conciliare Amore e Psiche?

“Non sono due opposti ma due forze complementari, appaiono nella storia come contrari, ma nei nomi non c’è contrasto. La loro presenza non è in contrasto. Nel fondo ambedue vogliono unirsi , non odiarsi, è la vita che crea difficoltà.”

Eros Anima

“ Meditazione. Non ha a che fare con i pericoli, ma con i silenzi. Raggiungi uno stadio di calma, per cercare ciò che non hai trovato nella tensione. Tensione e meditazione, sono due vie per arrivare all’integrazione dell’anima. In certi casi è possibile saltare un gradino per scegliere subito (ma sono eccezioni) la meditazione. E’ molto pericoloso, anche se tutto va bene, poi manca la prima fase della ricerca."


"Yogananda era implacabile: ci vuole la meditazione, diceva. Il suo metodo è anche un metodo di analisi. Il Krya Yoga è un modo molto profondo per regolare la psiche.Il Krya Yoga è un metodo che porta serenità e pace, dobbiamo metterlo al primo posto. Gli esercizi di respirazione portano benessere.”

Eros e Psiche, Personalità integrata.

“L’ordine si ristabilisce lentamente, attraverso il racconto. Nella ricerca di ordine c’è dentro la speranza. Senza tentazioni non c’è stimolo. L’essere umano ha bisogno di tendere verso qualcosa. La religione aiuta a superare le difficoltà, dà incoraggiamenti Si dice :’ Ce la farai !” Quando la situazione non va avanti, possono capitare incidenti di percorso, per rendere viva la storia stessa, altrimenti non c’è tensione e noi ne abbiamo bisogno. “

mercoledì 26 ottobre 2011

Aspettare o separarsi?

“Aspettare e vedere che cosa succede. Non precipitare nulla. Se sono rose fioriranno. Se ci sono figli, prima di arrivare a una separazione bisogna pensarci; a volte ci si ritrova dopo un po’ di tempo. Si chiede: Che facciamo? Dipende dagli amici, dall’entourage, dalla società. Prima di lacerare un rapporto bisogna pensarci bene. Se ne nasce uno nuovo bisogna essere prudenti. Ci sono tante possibilità che non possiamo valutare.


Nelle famiglie tradizionali si preferisce arrangiarsi, e la moglie spesso chiude un occhio sulla seconda donna o sulla seconda famiglia. Un uomo debole, che non osa rompere, rimane così, impastoiato nei rapporti. Ci sono da valutare anche due cose: la situazione economica e la presenza dei figli. Molti uomini hanno coraggio fuori e sono deboli in casa. Hanno paura della moglie. Come pazienti ho più donne.


L’uomo gentleman ha un atteggiamento di cortesia, di educazione, dipende anche con chi ha a che fare. L’uomo, in genere, fugge dalle situazioni difficili più delle donne, perchè non vuole far male a nessuno, ma poi inevitabilmente lo fa. Predomina la menzogna perchè ha paura. Comunque, meglio i rapporti franchi che quelli impostati sull’ipocrisia.”

Amore e Tradimento


Con Hèlén Erba Tissot affronto questo tema; è il motivo più comune per cui si ricorre all’aiuto di un analista junghiano o di uno psicanalista freudiano : le pene d’amore. Decidere un indirizzo o l’altro dipende da molte circostanze. Per me l’incontro con Hélèn ha cambiato la mia vita. Le chiedo: L’intensità del sentimento è la prova della profondità del sentimento?


“No,risponde, dipende dal temperamento. Il temperamento dà la ‘base colore’ al modo in cui si svolgeranno le cose. (Hélène dice che amo il dramma, mi sento un’eroina, forse dovevo fare l’attrice.)


“L’amore cambia con l’età, matura. Per molti interviene la stanchezza del rapporto, e non sempre l’analisi aiuta a sciogliere i legami, a volte si possono recuperare. C’è chi vuole rimanere ‘insieme’, sente che è più saggio, soprattutto se ci sono dei figli. C’è chi si separa .Chi acquista con l’analisi una certa saggezza: invece di distruggere tutto , preferisce non rompere. C’è anche chi si ritrova dopo un certo tempo. Alla chiamata dell’amore bisogna rispondere, ma non è detto per sempre. Sono delle follie. "



domenica 24 luglio 2011

Amore e Psiche

I vari sentieri dello Yoga

"L’Hata Yoga è molto noto in occidente. Raggiungere l’armonia del corpo per arrivare all’armonia dell’anima, stufen weisen, attraverso le tappe. Corpo. Psiche, Anima. Spirito. "


Amore e Psiche

"Amore e Psiche: un mito sempre attuale. Con la molla dell’amore il paziente ricerca la propria Psiche, al novanta per cento . L’amore muove la conoscenza. Più il rapporto d’amore è difficile e doloroso, più si cresce attraverso la ricerca.


Bellezza. Il concetto di bellezza. Amore vede Psiche e nasce gioia , ammirazione, estasi. L’amore è una forza rivoluzionaria, innovativa, sconvolgente che porta forza ed estasi. Rimette in modo la dinamica della psiche. Per esempio: Un uomo si innamora di un’altra donna, abbandona la moglie dopo 20 anni di matrimonio, salta una situazione stagnante. In questo caso l’uomo ha tre opzioni: vivere l’amore intensamente, viverlo di nascosto, decidere di non viverlo.


Vivere a pezzi. Una donna sposata deve saper “continuare” una storia d’amore attraverso le difficoltà della vita. La passione in una coppia svanisce col tempo. I due possono stancarsi o avere qualche difficoltà, ma invece di finire la loro storia in tragedia, possono decidere di continuare a mantenere un rapporto affettuoso. La separazione è sempre un lutto."

Dall’analisi a Yogananda.


"Sono andata in America il 4 marzo del 1952, tre giorni prima della morte di Yogananda. E’ stata per me una data importante. Ho conosciuto Yogananda pochi giorni prima della sua morte. “Vai a trovarlo”, mi aveva detto Bernhard."

"La cosa che più mi ha colpito è stata la semplicità con cui mi ha ricevuto. Quando l’ho visto per la prima volta era circondato da una grande luce, ero molto emozionata, avevo la sensazione di vedere una persona già vista. Aveva detto ai suoi discepoli che aspettava 3 persone dall’Europa , ma nessuno sapeva del mio arrivo. Davanti alla sua tomba ho visto come una luce, poi la stella a cinque punte, l’apertura del terzo occhio. Col tempo il terzo occhio si è richiuso, ma adesso so che c’è, che esiste realmente e non soltanto nei libri di yoga."

L’esperienza analitica

L’analista. Invito silenzioso per un raccoglimento interiore. Possibilità di approfondimento della psiche. Preghiera interiore. Lasciare che vengano le idee per una comprensione più profonda.


Hèlen è venuta in Italia per Ernst Bernhard . Ha fatto analisi con Bernhard , poi con Dora , dopo la morte del marito, per altri due, tre anni. “Con Ernst Bernhard ho avuto un rapporto ottimo, intuitivo, mi sentivo molto a mio agio. La penetrazione della comprensione dell’essere umano. Non era il desiderio di potere sugli altri che mi ha attratto a fare l’analista”.



“La cosa meravigliosa che mi ha trasmesso Bernhard è la “comprensione” per l’essere umano. Trovavo meraviglioso poter comprendere l’essere umano e perciò aiutarlo. Bernhard poteva essere tagliente. E’ sempre questo che mi ha attratto, è nella comprensione che puoi aiutare. Bernhard aveva un modo di comprendere. Lui ripeteva spesso “Ciò che mi interessa comprendere è l’essere umano”. Era tagliente con le donne che lo ammiravano. Due volte mi sono sentita offesa. Poi diventava molto gentile.”


E il rapporto con Dora Bernhard?


"Dora Bernhard si difendeva dal potere del marito e appariva molto autoritaria, non mi era simpatica, non potrei dare un’immagine giusta Non era facile avere un rapporto con lei. Lui aveva una carica spirituale che irradiava. La calma di un essere umano che ha raggiunto qualcosa. Faceva Yoga , meditava."

giovedì 14 luglio 2011

Il compito di un analista junghiano

Proseguono i dialoghi con Hélèn.



“Il compito di un analista junghiano è quello di guidare il paziente alla ricerca del proprio Sé. “Cercate e troverete”, dice la Bibbia, una vecchia verità. C’è dentro di noi una spinta a trovare un tesoro, una spinta a cercare.


Virgilio è stato per Dante una “guida”. L’analista ha una grossa responsabilità, ma non deve sentirsi responsabile di trovare una soluzione a tutti i costi. L’ analista spirituale può aprire allo spirito il paziente. I sapienti cercano. E’ vero, può anche indirizzarlo su una strada sbagliata, anche involontariamente. L’analista deve essere umile, tanto da arrivare a riconoscere :”non capisco più nulla”.


E’ possibile avere una guida sbagliata. Il paziente deve fare del suo meglio per scegliere la guida adatta, ma una possibilità di errore c'è sempre. Bisogna rischiare. Senza rischio non si fa nulla. Nella ricerca c’è già insita la possibilità di sbagliare.


Rifiutare la “guida” può essere una fuga dalla ricerca?

E’ un rischio. Prima di iniziare un’ analisi, bisogna pensarci bene.


Consigli per chi vuole fare l’analista?

Al paziente chiederei se è veramente spinto a questa ricerca e perché lo fa.

All’analista: Quale è il suo interesse? Per indicare la strada agli altri? Per soldi? Anche questa scelta può essere corretta: “Ho bisogno di guadagnare per vivere.” O di guidare un figlio? Che cosa cerca, che cosa vuole mostrare agli altri? Deve essere un interesse genuino. L’ avere come spinta il desiderio di guidare gli altri è giusto. Ma perché cosa? E poi, se si è all’altezza di andare avanti, allora si può proseguire.


L’incontro con un maestro? E’ importante: l’incontro e la voglia di fare, di proseguire la strada. Certo, è più facile se c’è già un modello. Non possiamo partire senza un modello. Un modello che è dentro di noi, che ci ha commosso. E’ il modello che spinge. Non è mai una scelta razionale.

giovedì 30 giugno 2011

Casi di guarigione

Ho avuto due, tre esperienze di guarigione, mi racconta Hélèn.


“Era una donna molto depressa, giovane, lavorava, colta, raffinata. Lottava molto. Tormentata. Quando le prendo la mano, durante una seduta, sento che lei si calma e grida: ”Mi sento guarita” . Cercava il Sé e l’ha trovato dopo due anni di analisi (soffriva enormemente). Adesso dopo 3 anni sta benissimo. “


“Ero con lei, camminavamo per strada. Lei era un po’ avanti a me. Si gira e grida:” Sono guarita”. Io ho risposto:” Io non guarisco nessuno. Io non ho fatto nulla”. Esempio eclatante. Generalmente si guarisce e poi si ripiomba nella sofferenza. La mia prima reazione è stata di paura. Anche Bernhard ha avuto casi di guarigione. Non deve esserci l’Ego. Un evento miracoloso è una grazia inaspettata. Improvvisamente è stata liberata dal peso. “


La storia di M. A. Soffriva molto. La figlia mi ha chiesto di occuparmi di lei. L’ho accompagnata al suo ritiro. Abbiamo meditato, poi l’ho lasciata andare, l’ho sentita gridare:” Hélèn, Hélèn, sono guarita”. Tutti gli anni, nella ricorrenza di questo evento, mi invia delle orchidee meravigliose. Ricordo la luce e il grido di liberazione di M. Inaspettato e tanto emozionante. Yogananda ha fatto il “miracolo”. Un’altra paziente mi ha detto:”Il Guru mi ha guarita”. Yogananda mi ha aiutato moltissimo.”

martedì 21 giugno 2011

L’uomo nel passato cercava di più?

L’insicurezza dell’essere umano, la necessità di avere delle chiavi profonde, il problema religioso non si è trasformato tanto nei secoli. Il pericolo atomico preme verso la morte, viviamo in modo più pericoloso.


Perché la psicanalisi è nata nel novecento?


La natura non fa salti. Dobbiamo vedere come le cose si sono sviluppate nella scienza. Una catena di eventi, di scoperte. Anche la cultura attuale ha fatto passi enormi. La vita dell’uomo moderno è caratterizzata da un cumulo di insicurezze (era nucleare). Nel cambiamento religioso c’è più sicurezza di prima. (Rinforzare la fede. La Chiesa cattolica lavora molto in questo senso. Il Papa Giovanni Paolo II, che viaggia in tutto il mondo, porta valori, fede, sicurezza). Quelli che non vedono la fede come sicurezza hanno paura.


La religiosità è una vuota ripetizione di riti?



La meditazione rinforza la fede. Ogni giorno, qualunque cosa accadesse, meditava mezz’ora. Così faceva il dr. Louis, che mi diceva:” Hèlene , your meditation.” Semplice e assoluto. E’ un errore saltare la meditazione. E’ facile perdere il ritmo.

giovedì 16 giugno 2011

Cercare con gioia


Ognuno si avvicina al Sé secondo le proprie possibilità. Siamo sulla strada. Importante è avvicinarsi alla strada giusta. (in modo intuitivo o no). L’educazione, anche nei selvaggi, tende ad avvicinarsi al giusto. Lunga preparazione alla ricerca del Sé. Tutta la nostra vita è una ricerca. Una ricerca che è eterna. Riti tribali, ricerca per avvicinarsi a Dio. Modi diversi di esprimerla nei millenni. Il maestro, la scuola, il guru sono strumenti di aiuto per avvicinarsi alla meta: La ricerca del Sé.


Ernst Bernard diceva:’ più semplice meglio è.’ La fisica moderna si avvicina con la ricerca alla Verità Ultima. L’essere umano attraversa delle complicazioni infinite per trovare che è semplice: è dentro di noi.


Yogananda diceva sorridendo: “Vieni, gioca con me”. Dio ama giocare con noi, i suoi bambini. “Come, play with me”. Quando siamo stanchi, quando le cose non riescono…. In quei tre giorni che sono stata a Los Angeles, Yogananda mi ha rivelato un modo di vedere le cose. “Prendi la vita con gioia!!” I bambini si divertono. Non dicono : “No, allora giochiamo domani.”


La fatica della ricerca (il bambino ne fa abbastanza). La ricerca del Sé può essere fatta in modo diverso. Yogananda scherzava con i suoi discepoli, amava scherzare, capiva che l’essere umano ha bisogno di distrazioni. E’ necessaria la giocosità nella ricerca. Yogananda non era mai noioso. Scherzava e sapeva essere serio. Diceva: “Un santo triste è un triste santo”



L’uomo moderno vive con intensità lo studio, ha necessità di concentrazione. Ciò che è importate per Yogananda è la gioia di vivere, la gioia di amare, la gioia di fare. Yogananda con il dottor Louis non sapevano come trovare i soldi per i discepoli. Non era facile, però non perdevano mai la gioiosità.

mercoledì 15 giugno 2011

Perché è necessario soffrire tanto?

Continua il dialogo con Hélèn Erba Tissot, psicologa junghiana, seguace di Yogananda, prima che la sua mente perdesse lucidità.



E’ insito nella natura umana. Il Sé è questa cosa preziosa che noi cerchiamo, nascosta, difficile, desiderata intensamente. Altrimenti si può dire:me ne frego!


In tutte le culture c’è la valorizzazione di ciò che è difficile da trovare. Per esempio le perle preziose trovate dopo anni di ricerca. E’ una gioia che non ha prezzo.


Perché in alcuni è sopita la ricerca?


Ci sono esseri umani che non hanno bisogno dell’intensità di ricerca, altri che non l’hanno. Non sono ancora pronti per questo e non possono provare la gioia della “scoperta”. La ricerca di qualcosa che è prezioso è un bisogno profondo dell’uomo. L’essere umano più sensibile non si accontenta delle banalità. I primi pionieri di questa ricerca per un uomo migliore erano pronti a scendere in se stessi come sommozzatori.

C’è nell’essere umano un tesoro nascosto. L’essere intuitivo lo percepisce e quindi scatta la molla per ricercare questo qualcosa di prezioso e raro. Una lunga ricerca sfocia in una grande gioia. La ricerca in se è anche importante. La ricerca del difficile, del nascosto. Pensiamo al gioco infantile dei bambini che nascondono un oggetto per poi ritrovarlo, soltanto per il gusto della ricerca.

Incontri con Hélèn


Che cosa cerca l’uomo moderno?

La sofferenza, il disagio nei confronti della realtà sono la molla della ricerca. Jung era cauto nel parlare del Sé. Il Sé è un centro che l’uomo sente dentro, che lo spinge alla ricerca. L’analisi aiuta poco a poco ad avvicinarsi a qualcosa di più intimo dell’essere umano. Stiamo parlando di una chiamata, che è presente anche nelle religioni. E’ la ricerca di qualcosa di essenziale. Una ricerca che ci spinge a uno sforzo più grande, più intenso per raggiungere la meta: il Sé.


Lo scopo della psicologica analitica è di avvicinare l’uomo al proprio Sé, di far prendere coscienza all’essere umano di questa “chiamata” e di prenderla sul serio. Esiste una molteplicità di simboli. Nei sogni il Sé è spesso simboleggiato con l’oro , con tutto ciò che è raro. Una cosa rara si trova soltanto dopo molta fatica, e la fatica fa parte della ricerca. La difficoltà della ricerca e, di conseguenza, la gioia di trovare. L’essere umano ha bisogno di questo. In noi c’è qualcosa che ci spinge a trovare ciò che è difficile trovare. Nel Vangelo la gioia della scoperta è sempre legata a una lunga ricerca. Non è un bene materiale che si cerca, eppure siamo spinti da una forza che non conosciamo ma che è dentro di noi. La gioia dell’essere umano quando trova la perla preziosa. Dio entra nella religiosità del paziente.

giovedì 26 maggio 2011

L’ angoscia: Roma 20/11/82

Ci sono momenti nella vita che tornano, corsi e ricorsi della storia. Queste pagine scritte nel novembre del 1982,nel pieno dell’annus horribilis, potrebbero spiegare emozioni che ciclicamente si ripresentano; rafforzando il mio senso di straniamento, di mancanza di radici, che sono una costante della mia vita. Il senso di essere sempre fuori tempo e fuori luogo.


“La paura e l’angoscia hanno preso il sopravvento. E’ iniziato il conto alla rovescia e temo di arrivare all’appuntamento con il destino distrutta, psicologicamente e fisicamente. Chissà perché questo evento, che forse potrei vivere in maniera meno traumatica, si è così colorato di morte. Quel malessere sottile, che strisciando si è insinuato dentro di me una mattina a Srinagar il 24 agosto, lentamente ha ripreso forza e si è radicato.


Il sogno che avevo fatto in India parlava di un evento angoscioso che sarebbe dovuto accadere a novembre. E novembre sta lasciando cadere i suoi giorni come foglie d’autunno. Ma l’evento l’ho spostato ai primi di dicembre, quando subirò un intervento chirurgico, semplice nella sua dinamica, ma estremamente pericoloso per le conseguenze che lascerà sul mio fisico e per il dubbio che scioglierà. Potrò continuare a vivere, a guardare il sole con gioia, o tutto si offuscherà gradualmente come un panno nero che cala sugli occhi?


Potevo evitarlo? Forse sì, ho lasciato passare tre anni ed ho scelto alla fine il periodo peggiore. Sono a terra, indebolita dalle coliche biliari, stremata psicologicamente dalle prove che mi ha riservato quest’anno ( la fine del rapporto più importante della mia vita, la morte di mio padre, la perdita del lavoro, lo sfratto esecutivo, la mancanza di soldi). La scelta di operarmi sarà un colpo da novanta. Reggerò, non reggerò? Quali saranno le conseguenze?


L’angoscia mi strazia il cuore, dopo aver martellato per giorni il fegato. Ho la nausea. Vivo come un condannato a morte, per il momento sospesa. Mi trascino giorno dopo giorno. La paura ha ingigantito il pericolo e lo rende più reale, indebolendomi. Dove risale la mia paura della morte? Alla mia prima operazione, l’asportazione di una appendicite-peritonite a sette anni? Alla paura dell’intervento chirurgico? Mi sembra di essere tornata bambina. Anche la presenza di mia madre, rassicurante e confortante, mi riporta a quel periodo dell’infanzia, che ricordo privo di calore e di affetto. Oggi, in questa triste circostanza, ho sentito l’affetto, quello vero, di poche e care persone: mia madre, due o tre amiche , ma soprattutto di una, Patrizia, insospettata donna piena di generosità e coraggio.


Ho lasciato il libro che stavo scrivendo a metà, ho lasciato gli insegnamenti di Yogananda a metà. La ricerca della casa e del lavoro appena abbozzati. Questa situazione negativa della mia salute ha paralizzato le mie iniziative. E’ come se la mia vita si fosse fermata. Fermata in modo penoso e grave. Un momento cupo, dove si sono concentrati, ammassati tutti gli eventi negativi. Un deserto interiore ed esteriore, un vuoto da colmare, una debolezza dilagante, una paura schiacciante.


E il sole continua inutilmente a scaldare fuori. E il mio cuore batte pesantemente, il respiro è affannoso. Ce la farò? A distanza di dieci anni si è ripresentata la stessa identica situazione. Anche allora avevo chiuso una storia straziante, anche allora stavo cercando una nuova casa dove ricominciare a vivere, anche allora ero in attesa di un posto di lavoro, anche allora il mio fisico fece crack. Sei lunghi anni durò quella malattia, con relativa convalescenza. Quanto durerà questa nuova prova dolorosa?


Questi giorni mi sembrano eterni. Ogni attimo, ogni respiro, pesa. Vorrei tornare a sentire quella pace dell’anima che avevo trovato in India, al mio primo viaggio. Era tutto così semplice, chiaro, intuitivo: la vita e la morte, la guerra e il dolore. Non avevo più paura. Bastava lasciarsi andare. Bastava lasciarsi cullare dal tempo. Forse questa volta vedrò la morte in faccia e mi passerà la paura, forse morirò davvero, forse l’energia che non ho saputo sfruttare in modo creativo all’esterno, si è trasformata in un bubbone carico di morte devastante, come un polipo che improvvisamente si sveglia dal suo letargo, apre le braccia e afferra tutto quello che trova al suo passaggio.


Quante volte in questi giorni ho pianto, pregato, invocato una prova. Da chi? Da Dio. Che richiesta assurda! Ho cercato una prova di protezione da Yogananda, dalla Madre Divina, dal Padre Celeste. Ho cercato all’esterno quello che invece avrei dovuto cercare al mio interno. Vorrei il miracolo, l’illuminazione ma, riconosco, mi manca la fede per scatenare un evento soprannaturale. La mia paura è umana, terribilmente umana. La mia angoscia è fatta di carne, della mia carne. Non a caso mi sta divorando giorno dopo giorno. Questa orrenda spaccatura tra la mia mente e il mio cuore, tra la ragione e l’inconscio, rende questi giorni più strazianti di quanto dovrebbero essere in realtà.


Il mio inconscio è dilagante. Ho una tremenda paura della morte. Certo Helène dice che è ridicolo, che in fondo a 40 anni ho già vissuto abbastanza, due terzi della vita media. Cosa chiedo di più? Ho viaggiato, ho fatto cose belle e importanti. Ho un figlio di sedici anni. Ho amato. Ma tutto quello che mi rimane da fare? Tutti i programmi per il futuro? La solitudine per incentivare la mia ricerca spirituale? Un nuovo lavoro in un nuovo ambiente per divulgare le mie strade di ricerca? Il libro per far conoscere la mia storia e come faticosamente si può uscire da un meccanismo perverso di sadomasochismo?


Ma se ancora non ne sono uscita! Sento l’acqua ormai alla gola. Già la gola che il chirurgo taglierà orizzontalmente con un bisturi per recidere quel grumo di carne abnorme che ho lasciato crescere per tre anni. Un fallimento delle mie medicine alternative? Un eccesso di fiducia o di ingenuità? Come è assurdo e crudele il destino! Già, il destino, quello che noi costruiamo inavvertitamente con le nostre mani e, riguardando indietro, rivedo questi ultimi anni: le mie scelte, il mio coraggio e la mia mancanza di coraggio, la mia capacità di somatizzare tutto."

Annus horribilis

Prendo a prestito il termine dalla regina Elisabetta. Il mio personale anno orribile è stato il 1982 . Racchiude molti eventi negativi. Se si sopravvive, si rimane segnati per sempre.


1) Gennaio 1982. Parte la cassa integrazione a cui seguiranno 4 anni di disoccupazione. Figlio a carico, nessun aiuto economico.


2) Gennaio 1982. E’ in corso lo sfratto esecutivo, per necessità del proprietario. L’ufficiale giudiziario mi concede una serie di proroghe; ho sempre paura di trovarmi i mobili per strada. In commissariato giacciono una pila di pratiche. La precedenza è per gli sfratti per morosità, mi dicono. Aspetto una casa dal mio ente di previdenza, a canone agevolato ( ieri, oggi non è più così) , ma c’è sempre qualcuno raccomandato che mi frega, nonostante lo sfratto esecutivo sia una priorità. Alla fine ci riuscirò ( febbraio 1985).


3) Febbraio 1982. Finisce la storia d’amore più importante della mia vita, durata sei anni. La scelta era sopravvivere o morire di dolore. Troppe infedeltà, discussione aperta, sofferenza atroce.


4) Agosto 1982. Muore mio padre a 67 anni. Rapporto difficile, tante incomprensioni, mitigate soltanto negli ultimi tempi. Ho impiegato anni per digerire i due lutti. Spesso mi svegliavo la notte piangendo perché sognavo l’uno o l’altro.


5) Settembre 1982. Kathmandu. Febbre alta, nausea, vomito, mal di pancia, diarrea, fegato ingrossato. Il medico ayurvedico, segnalato dall’ambasciata italiana, parla di epatite virale. Mi dà un po’ di medicine e dopo qualche giorno riparto. In Italia l’antigene australe (epatite C) è negativo. Molti anni dopo scopro che ho avuto l’epatite A. Non curata, mi ha lasciato un fegato molto delicato.


6) Ottobre 1982. Tre violente coliche epatiche (ma non ho calcoli).


7) Dicembre 1982. Mi opero alla tiroide. Il chirurgo asporta il lobo sinistro, per fortuna mi salva le corde vocali permettendomi così di continuare a lavorare con la voce. L’anestesia totale, lunga e pesante, dà una mazzata definitiva al mio fegato. Impiegherò tre anni per recuperare un po’ di vitalità.


Una postilla. ( Nel 2007 un altro chirurgo mi asporta anche la parte destra della tiroide e per errore mi taglia il nervo ricorrente di sinistra , così la mia voce- considerata dai colleghi calda e sensuale- da quel giorno è bassa e rauca. La voce è l’identità di una persona. Non a caso, quando cambia il doppiatore di un attore straniero famoso, facciamo fatica ad abituarci. Non ho potuto più lavorare, e per un anno ho pianto tutti i giorni. Mi sono isolata per non sentire la mia voce, che considero sgradevole, ma anche perché faccio fatica a parlare. E’ cambiata totalmente la mia vita. Sono stati cancellati tutti i miei progetti.) Chiudo parentesi.

lunedì 16 maggio 2011

Panikkar: la felicità e il potere

Continuo la sintesi delle idee di Panikkar che più mi hanno colpito. Non intendo assolutamente avere la pretesa di riassumere l’ immenso pensiero del filosofo-teologo.


L’uomo vuole la felicità. Nell’essere umano però c’è un’altra passione opposta: il potere.

Buddismo: cammino di salvezza. E’ religione, è filosofia, fa a meno del teismo. Non c’è Dio.

Si possono fare pellegrinaggi sulla terra senza guardare verso il cielo, basta guardarsi dentro, scoprire il divino dentro di noi. Religione dell’immanenza pura.

Le altre religioni puntano sul futuro, sulla trascendenza. Se non c’è futuro, è il momento che diventa importante, complementare, e fa da contrappeso al trascendente puro. Il “come” è l’arte della vita e la vita è l’arte dell’impossibile.


Non ho fatto un cocktail di varie religioni.

Le religioni non sono oggetto di esperimenti. L’esperienza conta. Induismo, buddhismo, cristianesimo, ortodossi. Nessuna religione, nessuna cultura è autosufficiente. Nessuna religione ha il monopolio de “La religione”.

“Ama l’altro come te stesso”. Amare l’un l’altro e imparare l’uno dall’altro. Saper ascoltare è un’ arte. Disciplina. Non so ascoltare se sono pieno di me. Se ho già la risposta, se non ho fatto silenzio dentro di me.

Saper ascoltare è la grande saggezza di oggi : è una grande rivelazione.

(La gioia di essere invitati al banchetto della vita,l’amore e la gioia di questa donna malata, la superficialità nella teologia.)


Fede nuda: accettare la vita. L’uomo, invece, non fa che alienare il presente proiettando tutto nel futuro. La vita è molto più profonda: gioia e sofferenza vanno insieme. La sofferenza è la sveglia esistenziale per raggiungere Dio.

Panikkar. La vita è pienezza

Proseguo la mia personalissima sintesi del pensiero di Raimon Panikkar


Buddha, Javeh, non si potevano rappresentare. Dio è innominabile., non ha nome, ma è nominato in ogni cosa.

Devi nuotare, vivere, tuffarti con eleganza. La vita è un grande dono, qualcosa che fa soffrire. L’apostolo Giovanni: “La vita è pienezza”. La sacralità della vita: perciò ogni essere è sacro. La dignità di ogni cosa è sacra.


Sensibilità: io vedo e soffro.

Abbiamo perso la sensibilità della sacralità della materia , che non vuole essere considerata un oggetto. La violazione dell’atomo. La materia non è un oggetto, non sono risorse da sfruttare; le donne, gli animali non sono oggetti da usare. Quando si perde questa simbiosi perdiamo l’armonia con la natura e l’armonia con noi.

I Veda: esempio fondamentale delle Rivelazioni Primordiali, non sono scritture.

Senso di proprietà anche nelle religioni. Scritture cristiane per i cristiani, i Veda per gli indù, non sono proprietà di nessuno.


I Veda sono per tutti, sono un messaggio di saggezza per l’uomo d’oggi.

Henry Le Saux soffriva, era angosciato per questo doppio cammino.” Erano due amori laceranti per Henry Le Saux . Non tradiva la formazione cristiana, né l’India”. Ha sofferto più di me, quindi, è fecondo più di me. Siamo diversi. Ci sono elementi diversi, ma l’ultimo passo è la mutua fecondazione. Il vero dialogo deve essere fecondo. Non bisogna rinunciare alla propria tradizione ma l’incontro trasforma, ci fa diventare un’altra cosa.


Il Dalai Lama, teneva una conferenza all’Università della California. “Una donna come Dalai Lama?”, gli chiedono. E il Dalai Lama risponde:” Perché no?” Apertura totale. Non ha perso l’ equilibrio e il senso dell’umorismo. Non disperarsi. Non perdere il senso del trascendente.

sabato 14 maggio 2011

Il pensiero di Raimon Panikkar


Raimon Panikkar, poeta, filosofo, teologo, sacerdote (ma lui rifuggiva da ogni etichetta), era un uomo aperto, moderno, rispettoso di tutte le religioni. Un uomo lucido, colto e saggio. Un bellissimo documentario, “Il filo d’oro”, realizzato da Werner Weick e Andrea Andriotto, ce lo mostra sempre sorridente e ironico mentre affronta molti temi d’attualità. Il documentario è diviso in tre momenti: l’arte di vivere, il sorriso del saggio, la nuova innocenza. Di madre catalana-cattolica e padre indiano-indù, Raimon Panikkar è l’esempio concreto di come può essere fecondo l’incontro tra oriente e occidente. Ha vissuto in India, Europa, America. Io lo definirei semplicemente una grande anima. E’ morto il 26 agosto del 2010, pochi mesi prima di compiere 92 anni.


Dopo aver visto e rivisto il documentario, questi i concetti che più mi hanno colpito .

Interconnessione tra divino, umano e cosmico.Questa è a vita.

Ogni decisione è una scissione, un taglio.

Rimanere disponibili, aperti allo spirito. Disponibili alla chiamata. Se un uomo pesa meno, viaggia come una foglia.


Ideale di perfezione.

Il dialogo è “costitutivo” dell’essere. Sì al dialogo, no al monologo. Solitudine sì, isolamento no. Gli altri sono parte di noi. L’eresia di oggi è l’individualismo.

L’uomo è una persona, non un individuo.

Il dialogo non è un lusso, è essenziale.

Il dialogo religioso è un dialogo in profondità. Le religioni hanno voluto prendere il monopolio: “Il mio Dio è meglio del tuo”. Ma non esiste dialogo in questo modo.

“Ho bisogno di te per conoscermi”,il dialogo è un arricchimento reciproco. Cooperazione per realizzarci a vicenda. Non ho mai pensato di rinunciare alla mia identità cattolica. Ho studiato i Veda, ho fatto pellegrinaggi.


Induismo, non ha nome, non ha essenza, ha un’esistenza. Sono pratiche. Un materialista, un ateo può essere induista.

Religione: mi relaziono con gli altri, con il mondo intero, con il cosmo. Parte dell’avventura cosmica.

Dio, sconosciuto, indecifrabile. Senza catene. Ti sostiene e ti lascia libero.

Religioni: progetto di salvezza, libertà, pace, verità ecc. Sono progetti di salvezza. Cosa posso fare per raggiungere la vita eterna?, chiese un seguace ad Ananda Moy Ma. ”Lascia tutto e seguimi,”, rispose la mistica indiana.

Fede: apertura esistenziale a tutto. L’atto di fede ti salva. Gesù disse: “La tua fede ti ha salvato”. Sei aperto e ti lasci fecondare. La Fede non è una credenza. Con la testa cerco di esprimere la mia fede, con il mio linguaggio. Alcune credenze hanno radici, tradizioni. Non è fede in qualcosa, altrimenti è idolatria. La fede non ha oggetto.

lunedì 25 aprile 2011

La morte di Sathya Sai Baba


La prima volta che ho visto Sai Baba è stato nel dicembre del 1981. Quando arrivai a Puttaparthi, piccolo villaggio dell'Andra Pradesh, stavo male, avevo la febbre alta. Grazie ad Antonio Craxi, fratello di Bettino, mi visitò un medico omeopatico;ma, nonostante il malessere, volli assistere al darshan mattutino e ai bajans. Ero troppo curiosa. Alcune mie amiche, sue seguaci, me ne avevano parlato con entusiasmo e mi avevano fatto vedere alcuni oggetti materializzati dal loro guru. Mi avevano anche donato la vibuthi, la cenere sacra profumata, anche questa materializzata da Sai Baba.


Al darshan del pomeriggio ero casualmente riuscita a far parte del primo gruppo. Sai Baba arrivò davanti a me, mi attraversò con lo sguardo, proseguì senza prendere la mia lettera. Una lettera di consigli e aiuti, forse banale. Il mio uomo, invece, per scherzo ne aveva fatta una irridente (tipo:”Non credo in te e nei tuoi poteri magici”). Sai Baba prese la sua lettera e gli disse in inglese:” Ti darò una risposta”. Non so se quella risposta sia mai arrivata, perchè l’anno successivo ci separammo definitivamente.


La seconda volta che sono stata a Puttaparthi fu nel settembre del 1992. A Delhi mi raggiunse mio fratello, per la seconda parte del viaggio. Dopo una breve sosta a Madras e Pondicherry, arrivammo a Bangalore e poi a Puttaparthi da Sai Baba per fare un servizio fotografico. Erano passati 11 anni. Vidi Sai Baba da lontano, i fedeli erano aumentati, c’era tanta gente, non ebbi particolari sensazioni ed emozioni, come la prima volta. Non mi aveva catturato. L’impressione fu che il villaggio si fosse dilatato, ora c’era anche un ospedale, dove lavoravano medici italiani, e un aeroporto. Durante il viaggio ci fermammo in un paesino, di cui non ricordo il nome, dove veniva conservata una grande foto di Sai Baba; dal vetro di questa foto cadeva inspiegabilmente la vibuthi che veniva raccolta in una ciotola in basso.


Devo però raccontare un’esperienza che in qualche modo è collegata a Sai Baba. In un momento di grande sofferenza fisica e psichica una mia amica, sua seguace, mi donò un pezzetto di un fazzoletto di Sai Baba. Una notte per disperazione me lo posi sul cuore e mi addormentai. Dopo qualche ora mi svegliai a causa di un intenso profumo di rose.


Satya Sai Baba è morto ieri nell’ospedale di Puttaparthi all’età di 85 anni. Si considerava un avatar, incarnazione del divino. Lascia scuole, ospedali, acquedotti, ashram, sparsi in tutta l’India. Ha milioni di fedeli in tutto il mondo, anche persone famose. Un grande yogi acquista negli anni vari poteri (siddhi), ma non deve farne uso. Lui si divertiva invece a mostrarli. Per catturare la mente e poi il cuore? Per me, come per molti altri, la sua figura rimarrà un mistero.

domenica 17 aprile 2011

L’egoismo del contemplativo

A volte il cammino spirituale, il cammino del contemplativo, proprio perché si basa sulla solitudine, sull’isolamento, rischia di potenziare l’ego. Soltanto il rapporto interpersonale costringe a modifiche profonde del carattere. La persona che tende alla perfezione è quella che evolve armonicamente su tutti i piani. Esistono individui che hanno un alto livello intellettuale e culturale ma dal punto di vista affettivo o psichico sono immaturi, infantili. L’innamoramento mette in moto meccanismi insospettati e insospettabili.


Vivere tutti i giorni con una persona ti costringe a rimetterti in discussione continuamente, a confrontarti con l’altro, con i desideri dell’altro, con le sue abitudini, le necessità, i vizi. C’è un contraddittorio continuo, stimolante, a volte doloroso e lacerante, con un essere reale. Il rapporto a due, in genere, provoca questa crescita della personalità, ma esistono anche rapporti intensi, logoranti, distruttivi, e allora siamo di fronte a situazioni malate, patologiche. Allora, chi deve dedicarsi soltanto allo spirito e a Dio non deve occuparsi delle cose terrene? Deve vivere isolato dal mondo, anche se nel suo paese c’è una dittatura, ci sono ingiustizie? Deve assistere impassibile alle atrocità senza intervenire? Soltanto i monaci, i mistici, sono destinati a raggiungere Dio? Quale sarà, allora, il destino del resto dell’umanità?

Milarepa: l’obbedienza

In nome dell’obbedienza cieca al suo maestro, che lo stava mettendo alla prova, Milarepa ha costruito e distrutto decine di volte la stessa torre. Non è nell’obbedienza totale che viene forgiata l’umiltà, la personalità? Abbiamo tutti fretta di salvare il mondo, ma non abbiamo il tempo di salvare noi stessi, diceva swami Satchidananda.

giovedì 14 aprile 2011

Il dovere della chiarezza

Non ho accettato la proposta del monaco buddhista, di condividere una parte del viaggio insieme, e tanto meno l’avrei accettata da un turista qualsiasi. Viaggio sempre da sola e, pertanto, seguo delle elementari regole di prudenza. Non giro di notte e non frequento locali notturni che, d’altra parte, non mi interessano; mi fido soltanto delle persone che conosco o che mi ispirano fiducia; per spostarmi e per visitare musei e templi utilizzo il taxi.


Se avessi fatto la scelta di diventare monaca a vent’anni e poi, a quaranta, avessi scoperto che per me quella scelta era troppo pesante, che altre esperienze premevano, c’erano soltanto due possibilità: tentare di sublimare il desiderio sessuale concentrandomi sulla preghiera e sulla meditazione - perché anche per i monaci buddhisti ci sono i voti di castità, povertà, umiltà - oppure lasciare l’abito ocra ed entrare nella vita, con tutti i rischi che questo comporta.


Non riesco a concepire che un sacerdote si faccia trovare in una casa squillo insieme a due prostitute, come è accaduto molti anni fa a Roma, perché era un habitué. È come per tanti matrimoni. Non si sfasciano per opportunismo. Se questo sacerdote non fosse stato scoperto in quella casa squillo dai carabinieri, che hanno fatto rapporto al Vicariato, nessuno ne avrebbe mai saputo niente, tranne forse il suo confessore, al quale lui avrebbe continuato a dire per chissà quanto tempo: “Padre, ho peccato con una donna!”, forse senza aggiungere “prostituta” e forse omettendo il particolare che lo faceva abitualmente con due donne contemporaneamente.

martedì 12 aprile 2011

Uno strano incontro a Bodh Gaya


In uno dei miei viaggi in India, avevo fatto tappa a Bodh Gaya, dove è venerato l’albero sotto il quale Gautama Siddharta ottenne l’illuminazione nel 528 avanti Cristo. Ricordo una bella immagine: alcune monache buddhiste raccoglievano con umile devozione tutta l’erba cresciuta tra gli intarsi del muro. Riuscii a portarmi a casa una foglia, che ora è incorniciata, accanto ad altre immagini del Buddha, nella mia camera da letto. Sono entrata nel tempio, dove in quel momento per fortuna non c’era nessun turista, per una breve meditazione. E quando sono uscita un monaco, che era di guardia alla porta, incuriosito, si è avvicinato chiedendomi come mai meditassi e dove alloggiassi.


Mi ha proposto di visitare visitare l’ashram, che ha una guest house, poi mi ha offerto del tè nella sua stanza e, prima di salutarmi, mi ha detto: “Scrivimi, ti raggiungerò a Varanasi; faremo un po’ del viaggio insieme”. Forse ho soltanto male interpretato le sue parole gentili, ma il suo sguardo e i suoi gesti ambigui sembravano confermare i miei dubbi. Ovviamente, mi sono ben guardata dal comunicargli i miei spostamenti successivi. Dagli uomini comuni non pretendo l’ascetismo- siamo tutti fragili creature- ma da chi fa meditazione da molti anni non accetto un comportamento quanto meno equivoco.

giovedì 24 marzo 2011

La clonazione

Un altro tema di grande attualità è stabilire fin dove la scienza possa spingersi nell’ingegneria genetica. Ho orrore della clonazione: ci sono stati già esperimenti sugli animali, potrebbero esserci tra breve esperimenti sugli uomini, forse sono stati già fatti in segreto. Un uomo clonato è- secondo alcuni- un uomo senza un io, quindi destinato ad essere l’involucro di una entità negativa.


Creare un mondo abitato da esseri clonati sarebbe come consegnare il nostro pianeta nelle mani delle forze del Male. Ma senza arrivare a questa visione apocalittica, sulla quale si può discutere, è certo che la clonazione ci ripropone l’eterno conflitto tra il bene e il male. La scienza è al servizio dell’uomo e non l’uomo al servizio della scienza. Se non è l’etica a guidare lo scienziato, come potrà mai l’uomo sfuggire al delirio di onnipotenza, alla sfida continua di misurarsi con Dio?

Il trapianto di organi

Lo stato di coma di una persona, con elettroencefalogramma piatto, pone un altro drammatico problema: quello dei trapianti. In parte trovo che sia una visione meccanicistica del corpo umano. Quando l’auto non funziona si va dal meccanico, si cambia la ruota, la frizione, si prende lo stesso pezzo da una macchina usata. Proprio pensando all’ipotesi della reincarnazione, mi sono chiesta più volte se trapiantando il cuore di una persona su un’altra non si trasferiscano automaticamente anche le sue qualità positive e negative, le malattie latenti. È già accaduto, infatti, che un trapiantato sia morto di cancro perché la malattia non era ancora evidente nel donatore. Per quanto riguarda le qualità della persona, bisogna chiedersi: se ogni cellula del nostro corpo contiene l’intera memoria del nostro essere- come qualcuno sostiene- questa memoria non si trasferisce in parte anche al ricevente?


Lasciando da parte le argomentazioni filosofiche, bisogna riconoscere che i trapianti, per il momento, sono l’unica via d’uscita per molte malattie che non lasciano alternative alla morte. Quando si tratta di giovani vite da salvare non dovrebbero esserci dubbi sulla donazione di organi. In fondo, quando il corpo astrale taglia il cordone ombelicale che lo lega al corpo fisico, questo rimane soltanto un involucro vuoto. Le resistenze psicologiche nascono forse dal fatto che il cinema si è cimentato spesso sul tema della morte. Quanti film ci hanno mostrato l’angoscia di chi si risveglia intrappolato in una bara chiusa, dopo una morte apparente!


Vorrei riprendere il discorso filosofico-religioso : l’appuntamento con la morte fa parte del nostro destino; se ci si oppone, non si viola in qualche modo la legge del karma? Le nuove scoperte scientifiche e i progressi della medicina costringono tutti noi, Chiese comprese, a rivedere dogmi e affermazioni del passato.

sabato 19 marzo 2011

Welby: Lasciatemi morire

Un altro caso straziante è stato quello di Piergiorgio Welby, inchiodato al letto, senza poter respirare o parlare per molti anni. Comunicava con la moglie e con il mondo con il computer. E con il computer aveva scritto un libro intitolato “Lasciatemi morire” per raccontare la sua terribile esperienza. Aveva inviato anche una lettera al Presidente della Repubblica per esprimere la sua indicibile sofferenza. Dopo molti anni di battaglie civili, il suo grido di dolore fu esaudito, non senza polemiche e conseguenze per il medico anestesista che aveva staccato il respiratore.


Anche nel caso di Piergiorgio Welby, la Chiesa si è comportata in un modo che non si può definire certamente cristiano. Furono negati a Welby i funerali religiosi, perché – si disse- si era trattato di un “suicidio”assistito. Eppure esistono, come la storia insegna, due pesi e due misure. In altri casi di suicidio, il Vaticano ha chiuso un occhio. E, contravvenendo a ogni regola di buon senso, ha addirittura accolto le spoglie di un boss della malavita, Enrico De Pedis, nella basilica di Sant’Apollinare a Roma. Con quale motivazione? Sarebbe interessante saperlo.


In Italia, per i malati terminali, sarà possibile finalmente usare nella terapia antidolore la morfina e i cosiddetti farmaci analgesici tratti dall’oppio. La scienza moderna ha dato all’uomo i mezzi per eliminare il dolore, per anticipare la morte o prolungare l’agonia all’infinito. Dietro la scelta di tenere in vita una persona con le macchine per mesi, per anni, il cosiddetto accanimento terapeutico, non c’è forse anche l’ interesse delle case farmaceutiche? Eppure, dovrebbe essere un imperativo per qualunque legislatore trovare per il “ fine vita” una soluzione amorevole e rispettosa nei confronti del malato.