sabato 31 luglio 2010

le donne come il diavolo

Le donne sono state viste nella storia della Chiesa, soprattutto nel passato, come il diavolo, come portatrici di peccati e desideri. E i grandi yoghi non sono stati da meno. In un libro dedicato al brahmacharya, al voto di celibato, swami Shivananda, un grande maestro di Rishikesh, consiglia ai propri discepoli di camminare guardando per terra e di tenersi alla larga dalle donne; e agli uomini sposati suggerisce: “Cercate di stare lontano dalle vostre compagne il più possibile. Parlate poco con loro. Siate seri. Non scherzate e ridete con loro”. L’ho trovato veramente eccessivo, anche per un paese tradizionalista come l’India.


Un altro yoghi, swami Satchidananda, anche lui discepolo di Shivananda, scrive per gli occidentali cose ben diverse. Non c’è peccato nel sesso. Il piacere tra i due sessi è positivo. Dio ha creato questa inclinazione. Se c’è peccato questo è nell’eccesso. Nello yoga la chiave è la moderazione: nel pensiero, nella parola, nell’azione e nel sesso. Swami Satchidananda, nei suoi scritti, definisce l’omosessualità e la masturbazione forme di schiavitù mentale.


Giovanni Paolo II, durante il suo pontificato, ha invitato i sacerdoti a vedere in ogni donna una madre e una sorella per allontanare, ovviamente, le tentazioni carnali. La posizione della Chiesa sembra lontana dalla sensibilità della maggior parte dei cattolici che, su questo tema, sembrano più aperti. Il celibato deve essere una scelta del singolo sacerdote, non un’ imposizione ( che risale all’anno mille); ai tempi dei primi padri della chiesa, infatti, il vescovo poteva essere spostato. L’attuale carenza di vocazioni dovrebbe consigliare il Vaticano a riconsiderare il problema. La Chiesa, invece, dovrebbe essere severa e intransigente con i preti che si macchiano di pedofilia. Devono essere allontanati dalle loro funzioni e affidati alla giustizia civile.


Ho incontrato nella mia vita pochi sacerdoti e monaci che mi ispiravano per la loro pulizia, onestà e lealtà. In genere, lo sguardo rivela i desideri repressi e il volto riflette i vizi inconfessati. Ho visto spesso persone piene di orgoglio ed esseri umani spaventati e nevrotici.


lunedì 19 luglio 2010

Gli angeli


Se il diavolo esiste, a maggior ragione dovrebbero esistere gli angeli. In questi ultimi anni c’è stato un vero proliferare di libri sugli angeli, scritti da coloro che dichiarano di avere un filo diretto con l’angelo custode, con cherubini e serafini. Pochi sono quelli interessanti. Il filosofo tedesco Rudolf Steiner ha dedicato molti libri alle gerarchie celesti. Ed anche il cinema si è soffermato sugli angeli in modo nuovo, penso al bel film di Wim Wenders Il cielo sopra Berlino. Le nostre chiese sono piene di angeli svolazzanti tra le nuvole, alcuni bellissimi, dipinti dai nostri maggiori artisti del Rinascimento. L’angelo è messaggero divino, è colui che unisce il cielo e la terra, Dio e gli uomini; forse è Dio stesso che si traveste, per incontrare l’umanità perché gli uomini, come dice la Bibbia, non potrebbero sopportare di vedere il suo volto.


Una sera tornavo dal lavoro, avevo appena chiuso la porta di casa alle mie spalle e davanti a me c’erano il buio e il silenzio del mio appartamento. Dal cuore mi salì istintivamente uno scoramento e un pensiero: “Nessuno mi ama”. Ma in quell’istante sentii improvvisamente un’onda di tenerezza e di calore avvolgermi completamente e darmi una grande gioia. Dopo molti anni non saprei ancora come spiegare quell’emozione così netta, così viva. All’epoca non pensai che potesse essere un angelo, non ci credevo.


Oggi ho meno certezze e molti più dubbi. In molti casi è impossibile trovare una spiegazione logica ad alcuni fenomeni; sono episodi che si manifestano in determinate circostanze, in un tempo e in un luogo ben definiti. Non si possono riprodurre a piacere. E questo spiega perché quelli che chiamiamo comunemente “fenomeni paranormali”, siano così difficili da verificare scientificamente. Ci sono troppe interferenze e varianti, ambientali, psichiche ecc. Pur mantenendo un sano scetticismo trovo interessante scoprire il lato oscuro della vita.

domenica 18 luglio 2010

I demoni

Il film L’occhio del diavolo di Bergman narra la storia di Belzebù che manda sulla terra Don Giovanni con un altro diavolo per conquistare l’anima di due donne, la moglie e la figlia di un pastore. Ci mettono del tempo ma alla fine ci riescono. Il bello è che i due poveri diavoli — è proprio il caso di dire — si innamorano delle due donne. Il tema del demonio era molto caro alla Chiesa nel Medioevo; oggi è tornato di moda. Ne ha parlato anche Giovanni Paolo II. Ma il diavolo non potrebbe essere la nostra ombra, come la chiama Jung? Nel Bardo Thödöl, il Libro tibetano dei morti, l’anima del defunto è accompagnata per quattordici giorni da preghiere particolari che l’aiutano ad affrontare i suoi demoni, poiché i demoni sono soltanto la proiezione della sua psiche, del suo inconscio.

Nella letteratura i demoni catturano l’anima promettendo la vita eterna. La natura dell’uomo è fatta di luce e di ombre. Il male è dentro di noi, come il bene è in noi; non è qualcosa che ci cattura dall’esterno. Ma l’ombra è il rovescio della medaglia, della luce; come il male è il contrario del bene, la notte del giorno, il freddo del caldo.Da dove viene allora il male? Lo manda Dio come prova? Nella preghiera del Padre nostro, infatti, si dice: “non ci indurre in tentazione”. In tutte le religioni c’è una figura malefica che tenta l'uomo; ha soltanto nomi diversi. Pare si accanisca soprattutto con coloro che sono votati alla santità. Furono tentati i Padri del deserto, fu tentato anche il Buddha prima dell'Illuminazione. Durante l’Illuminismo, il Positivismo, si sorrideva al pensiero del demonio con le corna e la coda. Oggi se ne torna a parlare con rispetto e consapevolezza. Potremmo dire che il diavolo è tornato di moda? Gandhi preferiva sottolineare che i soli demoni del mondo sono quelli che corrono dentro i nostri cuori.

Le persone definite “indemoniate” non possono essere semplicemente delle persone malate, che hanno problemi, per esempio, di scissione della personalità, di schizofrenia? Molti anni fa ho assistito a Roma a una messa officiata dal vescovo Milingo, prima della sua esperienza matrimoniale e del suo allontanamento dalla Chiesa; devo dire che mi colpì molto una ragazza che urlava e si dimenava in fondo alla navata mentre c’era un uomo che tentava di trattenerla e di imporle un crocefisso sulla fronte. Lei bestemmiava, mi sembrava più per quella costrizione che perché fosse realmente posseduta dal demonio. Le possessioni vengono trattate dalla Chieda con gli esorcismi; soltanto alcuni sacerdoti, con il permesso del Vaticano, possono confrontarsi con il demonio. La Chiesa ammette che per combattere il Male ci vuole una particolare esperienza e preparazione.

giovedì 15 luglio 2010

Il Bene e il Male

L’eterno conflitto tra il Bene e il Male. Il concetto del male differisce a seconda delle epoche e delle latitudini, è legato alla cultura, al tempo in cui si vive. È relativo, come è relativo il bene. Alcune cose che cinquant’anni fa erano considerate negative oggi non lo sono più. Dobbiamo constatare, giorno dopo giorno, che la moralità pubblica, l’ etica stanno scomparendo nella nostra società.


Le religioni ci dicono che noi esseri umani siamo incapaci di trovare una morale comune, quindi abbiamo bisogno di comandamenti, precetti, punizioni. Eppure io sono convita che l’uomo ha in sé un potenziale etico che verrebbe fuori naturalmente se nella primissima infanzia il bambino non fosse violentato psicologicamente dai genitori, spaventato inutilmente, costretto all’obbedienza, non con la bontà del ragionamento e della verità, ma con le minacce e i ricatti, abituandolo subito a questa visione distorta della vita e della realtà e impedendogli di sviluppare così il senso di responsabilità. Un bambino che cresce nel terrore di sbagliare per evitare la punizione diventerà difficilmente un uomo libero; la sua creatività e la sua fantasia rimarranno paralizzate dalla paura. Se si considera che i primi anni di vita sono decisivi per l’impostazione della personalità, possiamo comprendere quante ferite irreparabili siano state inferte nella psiche degli esseri umani. Una grande sofferenza e anni di seria analisi, a volte, possono modificare quest’imprinting iniziale.


La psiche del bambino è come una spugna, incamera a poco a poco i valori espressi dalla famiglia, dalla scuola, dalla società, che oggi sono il potere, il denaro, il successo, invece di imparare ad amare la tolleranza, il rispetto, la fratellanza. Un giovane può addirittura commettere atti criminali credendo di emulare gli adulti, o di stupirli provocandoli. Ricordate il film di Hitchcock Nodo alla gola? Un giovane uccide un suo compagno perché aveva frainteso i discorsi eccentrici sulla morale di un suo professore, che ha l’aria dinoccolata e un po’ distratta di Jimmy Stewart. Sappiamo bene come il codice d’onore della mafia abitui i figli dei criminali a vivere in un clima dove tutti i valori sono ribaltati e dove uccidere è considerato un fatto “normale”.


Non sono serviti i comandamenti di tutte le maggiori religioni e lo spauracchio dell’inferno a trattenere l’uomo dall’abisso di ignominia e crudeltà in cui è caduto nelle varie epoche storiche. L’etica non può più venire dall’alto, non deve essere più qualcosa di estraneo all’uomo, di imposto dall’esterno, ma deve nascere dal cuore dell’uomo, deve essere radicata nella sua anima. Soltanto in questo caso una persona può essere capace di grande generosità, fino a sacrificare la propria vita per gli altri, in nome di un ideale. Si può essere laici e non credenti e vivere una vita eticamente ineccepibile.


Nei tempi antichi, per aiutare gli uomini a districarsi nelle regole della vita quotidiana c’erano i profeti, anzi nel Vecchio Testamento troviamo anche molte profetesse. Avevano il compito di segnare la strada al popolo di Dio, parlavano in suo nome. In un certo senso rendevano chiari i termini del bene e del male, non c’era la possibilità di equivocare, di sbagliare. Oggi i profeti non esistono più, l’uomo deve trovare dentro di sé la propria guida, il Sé. Forse l’ultimo grande profeta in senso biblico è stato Gandhi; ha guidato una nazione intera verso l’indipendenza mettendo in gioco soltanto la sua vita. Nella Bhagavad Gita, il vangelo degli indù, il male sembra essere soprattutto l’attaccamento egoistico, e nel canone buddhista gli ostacoli all’illuminazione sono ugualmente il concetto di io e mio. È la non–azione, l’azione senza attaccamento ai frutti, che ci conduce verso la realizzazione. La morte dell’ego, il sacrificio di sé, è essenziale per la nostra liberazione. L’orgoglio è il più grande ostacolo alla saggezza.


mercoledì 14 luglio 2010

Lo Yoga e la via dell' armonia


Krishna, nella Bhagavad Gita, dice che né l’austerità, né l’isolamento aiutano il sadhu, il “perfetto” che vive di privazioni nelle caverne dell’Himalaya, a raggiungere Dio. Anzi, in un altro passo, è ancora più esplicito: “Lo Yoghi è più grande degli asceti che si sottopongono alle disciplina corporea, più grande anche di coloro che seguono il sentiero della saggezza, o il sentiero dell’azione: sii tu, o Arjuna, uno Yoghi!”. Per ottenere la realizzazione è necessario, quindi, raggiungere l’armonia, l’equilibrio nella vita.


Credo che la via spirituale non possa che essere una via individuale. Ognuno di noi deve trovare Dio dentro sé stesso. Non ha bisogno di istituzioni, di preti, di sacerdoti, di monaci, di nessuna religione. Nei primi tre viaggi che ho fatto in India ho potuto assaporare, sia pure per poco tempo, l’esperienza di un’espansione di coscienza, quella felicità che è data semplicemente dal fatto di sentirsi parte di un Tutto. Per chi si sente come me senza radici è stata una sensazione di grande gioia. Poi il rientro in Italia e il vortice della vita quotidiana ha spazzato via i ricordi del viaggio e la serenità acquisita. Quando sono tornata successivamente, a distanza di anni, non ho provato le stesse emozioni. Ho continuato a viaggiare portandomi dietro quel senso di sradicamento che è la caratteristica della mia vita. L’espansione di coscienza è povera cosa, non è certo l’esperienza del samadhi, il rapimento estatico in Dio, così bene descritto da Yogananda nella sua Autobiografia.


martedì 13 luglio 2010

L'essenza delle religioni


Per Sri Aurobindo la funzione delle varie religioni è quella di entrare in relazione con l’Uno. Tutte sono giustificate da questa necessità essenziale. “Tutte esprimono una sola Verità — dice — in modi diversi, e per diversi sentieri, avanzano verso un’unica meta”. È vero, come possiamo pensare di avvicinarci all’inconoscibile, come possiamo noi, esseri finiti, cercare di immaginare l’Infinito? Attraverso la rappresentazione simbolica noi tentiamo di spiegare le leggi dell’universo. Soltanto nel samadhi, quando nella profonda meditazione siamo diventati una sola cosa con Dio — dicono gli yoghi — possiamo arrivare a intuire la meravigliosa complessità dell’Assoluto.


In tutte le maggiori religioni c’è una figura centrale a cui fa riferimento il devoto, nel Buddhismo il Buddha, nell’Islamismo Maometto, nell’Induismo Krishna, (anche se in realtà l’Induismo ci propone più figure), nel Cristianesimo il Cristo. E non è forse vero che la Chiesa ha messo il Cristo in posizione concorrenziale con tutte le altre religioni? E non è forse questo il motivo per cui si sente dire dai più alti esponenti della chiesa cattolica che sì ”va bene il dialogo interreligioso ” ma la vera religione è soltanto quella cristiana?


In tutte le religioni troviamo una sorta di dieci comandamenti, delle regole, un’etica, una morale da seguire. E tutte le religioni promettono la salvezza. Il fine è sempre il ricongiungimento con Dio. Allora perché soltanto con il Cristo si può ottenere la salvezza? Non possiamo immaginare un Dio, cattivo giudice, che trascrive su un registro tutti i nostri peccati. Sarebbe un controsenso pensare a un Dio, contabile e giustiziere, che condanna i seguaci di altre religioni o i laici- anche se buoni, onesti e generosi- soltanto perché non sono cattolici. Un concetto che si sta facendo strada anche in Vaticano.


Si dice che basti un pentimento in punto di morte per essere liberati. È la storia del buon ladrone sulla croce. Quando le forze dell’ordine catturano alcun noti mafiosi scoprono nel loro covo, sul comodino, una Bibbia; questi pluriomicidi pregano per la salvezza della loro anima perché sono sicuri dell’assoluzione?


domenica 4 luglio 2010

L'eros di Gesù


Nei Vangeli non c’è nessuna indiscrezione sul lato affettivo, sessuale della vita di Cristo, eppure una personalità così carica come la sua, di amore e trasporto per tutti, non può non aver amato anche in senso umano. Questo non vuol dire necessariamente che abbia avuto rapporti sessuali, anche se, a mio avviso, non avrebbe cambiato il senso della sua missione. Un passo del Vangelo sembra indicare che Cristo avesse dei fratelli, anche se il termine usato in aramaico può avere significati diversi come fratello, cugino, genero, zio. Gesù era così puro, così divino, che forse non aveva bisogno di un rapporto fisico per entrare in unione con un’altra persona. Il rapporto si realizzava su un piano diverso. La Chiesa cattolica insegnava, e insegna tuttora, che il sesso è sporco, e il corpo umano va fustigato, purificato, mortificato.


La sessualità è sempre stata controllata dalla Chiesa, che decide con chi, come, dove, quando e perché va vissuta. Di fatto, soltanto Freud e Jung hanno aiutato i poveri cattolici a risollevarsi dai terribili sensi di colpa, dalle nevrosi, dalle frustrazioni legate alla sessualità. E non si capisce perché, visto che i primi padri della Chiesa avevano una famiglia e i Papi, per un certo periodo storico, hanno avuto amanti e figli. E san Paolo nella sua lettera a Timoteo scrive: “E parlando del Vescovo, che sia irreprensibile, non sposato che una sola volta, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento, ma benevolo, non litigioso, non egoista, sappia dirigere bene la propria famiglia, abbia figli sottomessi con ogni dignità. Perché se uno non sa dirigere la propria famiglia come potrà aver cura della Chiesa di Dio?”.


Allora se san Paolo parla in questi termini, lui, che era ben più vicino al Cristo della Chiesa attuale, che cosa è successo nel corso dei secoli per modificare questa posizione? Quando è stata cambiata questa regola che concedeva anche al clero di avere famiglia? La Chiesa è diventata sessuofoba nell’Ottocento, anche se i primi mutamenti sono apparsi alla fine del cinquecento.



Nella sua Autobiografia Yogananda non parla mai dei suoi problemi affettivi, sessuali o erotici. Le persone molto avanzate spiritualmente dovrebbero essere in sintonia con Dio, quindi non avrebbe più senso continuare a inseguire i piccoli piaceri terreni, come se un adulto continuasse a giocare con il secchiello e la sabbia anche se, in questo caso, non ci vedrei nulla di male. Si sublima l’energia per scopi più elevati. La sublimazione non è una tirannia interiore. Imparare a controllare la propria energia ed utilizzarla per scopi spirituali non mi sembra un fatto negativo. La tecnica del Kriya Yoga, insegnata da Yogananda, aiuta a risvegliare la kundalini e a far risalire l’energia lungo la colonna vertebrale, dal muladhara chakra al Loto dei mille petali.

sabato 3 luglio 2010

Induismo e Cristianesimo

Nella maggior parte degli occidentali c’è prevenzione e ignoranza sull’induismo, che viene definito religione politeista. Partiamo dal dato di fatto che l’induismo è una religione monistica. La Isha Upanishad esprime bene questo concetto dell’Uno indivisibile che si dispiega nella molteplicità. Il Brahman è Assoluto e Infinito. ” Il ripiegarsi e il dispiegarsi dell’Uno nei Molti —scrive Sri Aurobindo — è quindi la legge dell’eterno ricorrere dei Cicli cosmici”. Gli dei sono Brahman, che rappresenta sè stesso nelle varie personalità cosmiche, essi esprimono l’unica Divinità.


Anche l’induismo, come il cristianesimo, ha la sua trinità: Sat, Tat, Om, ovvero Padre, Figlio e Spirito Santo. Sat, o Assoluto, il Brahman, è l’aspetto Saggezza di Dio, colui che è stabile e immutabile; Tat, o Coscienza cosmica, l’intelligenza onnipresente di Dio immanente nella creazione, è l’aspetto Figlio; Om, o vibrazione divina, il potere divino che rende concreta la creazione, è l’aspetto Madre. Nell’induismo il Cristo viene considerato la nona reincarnazione di Vishnu.

Il cammino spirituale

Le religioni servono alle persone che sono all’inizio del cammino spirituale, perché impongono disciplina, regole di igiene fisica, mentale, psichica. Impongono, appunto, delle abitudini di preghiera, dei cerimoniali, dei riti. Quanto più si è avanti nel cammino più ci si deve liberare anche da queste abitudini, perché imprigionano, impediscono di volare. Sono troppo restrittive, costrittive, e l’essere umano ha bisogno di libertà, anche nella ricerca spirituale. Non a caso Gandhi affermava:” Il tempo delle religioni è finito, sta cominciando l’era della spiritualità”. E un concetto simile ritroviamo in Rudolf Steiner che sosteneva: “ L’uomo è maturo per camminare da solo. Deve sviluppare dentro di sé i criteri etici e morali imposti dalle religioni”.


Quando un cattolico ha assunto una certa perfezione interiore e vive con un’etica, una morale, non dovrebbe sentirsi obbligato ad andare a Messa perché altrimenti fa una grave mancanza e rischia l’inferno, secondo quanto afferma il catechismo. Se Dio è dentro di noi non abbiamo bisogno di cerimonie e orpelli. E magari i fedeli sono costretti a subire la predica moralistica di un sacerdote che il giorno prima è andato in una casa squillo o ha concupito un giovane seminarista o ha, addirittura, abusato di un bambino.

La preghiera di San Francesco


Vorrei ricordare una preghiera molto bella di San Francesco, recitata da swami Chidananda della Divine Life Society all’inizio di una sua conferenza ad Assisi . Uno yoghi orientale che rendeva omaggio a uno yoghi occidentale.

“Signore, fammi strumento della tua pace:

dove c’è odio che io porti perdono;

dove c’è dubbio che io porti fede;

dove c’è disperazione che io porti speranza;

dove c’è disaccordo che io porti armonia;

dove c’è conflitto che io porti unità;

dove c’è buio che io porti luce;

dove c’è tristezza che io porti gioia.

O divini Maestri,

non voglio essere compreso ma comprendere;

non voglio essere consolato ma consolare;

non voglio essere amato ma amare;

perché è nel donare che ricevo;

perché è nel perdonare che vengo perdonato.