mercoledì 24 ottobre 2012

Detroit



Negli anni cinquanta molti italiani emigrarono negli Stati Uniti per tentare la fortuna.  Oggi vive in America una seconda e una terza generazione di origine italiana. I più anziani parlano il dialetto del paese che lasciarono da bambini, i figli e i nipoti parlano soltanto la lingua inglese. Rivedere persone e parenti, con i quali si sono persi i contatti da  tantissimi anni, è sempre  un tuffo nel passato. Le stesse radici,  eppure ci si ritrova così diversi, trasformati dalla vita, dalle esperienza,  dall’ambiente.

Città piccole, pulite, colorate, sono sorte intorno a Detroit. La parte vecchia è decadente e il sindaco sta demolendo le  case fatiscenti per tentare la rinascita della città. Dai 3 milioni di abitanti dell’età d’oro dell’auto ora si contano soltanto 800 mila abitanti. La  parte vecchia è quella considerata pericolosa. Si può essere uccisi per un furto banale. Succede anche in Italia.


















Nelle piccole cittadine, Novi, Southfield, Northville, Royal Oak e tante altre nate attorno alla città dell’auto, tutto è pulito, lindo. Ognuno ha la sua casa con i fiori più belli. I giardinieri del comune ogni lunedì mattina tagliano l’erba nei giardini  pubblici. Le strade diritte e larghe sono circondate da prato all’ inglese. 
















 Il Michigan è lo stato dei laghi.  Ce ne sono anche piccoli, ognuno con il suo gruppo di animali e uccelli abituali: oche canadesi, papere, scoiattoli, procioni.  Ho osservato spesso un uccello tutto bianco, dal collo lungo e sottile, come il becco. Si fermava sempre al limite del lago, immobile, quasi a confondersi con la vegetazione, ma appena avvistava la preda, tuffava il becco nell’acqua, poi riprendeva la sua posizione mimetica. Al tramonto le oche canadesi  si radunano emettendo un richiamo, poi si alzano in volo e vanno a dormire altrove.  Di giorno tornano le papare che arrivano planando sull’acqua.



 Si può incontrare anche un cerbiatto  che mangia le foglie di un cespuglio, lungo una strada di scorrimento.  Sembra un  paesaggio da fiaba. Le case non hanno le porte blindate o le sbarre alle finestre. Non  esistono antifurti. Queste città, sorte attorno a Detroit, sembrano  un’oasi di pace e tranquillità.  E a pochi minuti di distanza i grandi supermercati offrono tutto quello di cui uno ha bisogno,  con sconti speciali per catturare i clienti.
















Accanto alle grandi metropoli, dalla vita  convulsa, è possibile   trovare negli Stati Uniti spazi immensi, deserti, campagne e piccole città, dove il tempo sembra si sia fermato.  Ed  è il fascino di questo grande paese.

sabato 6 ottobre 2012

Il silenzio


Il frastuono della vita nelle grandi città, gli impegni, il lavoro, le responsabilità familiari, ostacolano il sincero ricercatore spirituale nella sua pratica meditativa. A volte si ha la sensazione di vivere come un animale in gabbia. Per questo ogni tanto  si sente il bisogno di  fuggire e isolarsi in un centro yoga o in un monastero. La solitudine  favorisce una maggiore presa di coscienza. Un distacco netto per meglio guardarsi dentro.

 La bellezza della natura, il silenzio interrotto solo dal cinguettio degli uccelli e dal fruscio delle foglie degli alberi, il lago immobile solcato da cigni bianchi: Questo è Song of Morning. Una tappa che rigenera: troppo breve un weekend. Poi si ritorna  alla vita di tutti i giorni e ci si trova ad affrontare i problemi che credevamo di aver  dimenticato.


J.Oliver Black


 Song of Morning fu fondata da Yogacharya J. Oliver Black discepolo diretto di Paramahansa Yogananda, nel 1970. Il suo sogno  era di creare un  ashram, lontano dalle grandi città, dove si potesse trovare quella serenità necessaria per poter meditare più intensamente.  Un ritiro yoga, immerso nella natura, dove vivere con semplicità, dove sinceri ricercatori potessero crescere insieme e realizzare una vera comunità spirituale.

 Yogacharya Oliver è morto nel 1989 all’età di 96 anni. Nelle sue ultime volontà  espresse il profondo desiderio che il Centro rimanesse legato alla Self Realization Felloship, fondata da Yogananda a Los Angeles. In seguito è stata fondata la World Brotherhood Colony, ora conosciuta come la Clear Light Community. Ogni tanto i monaci della SRF visitano  il ranch per l’iniziazione al Krya Yoga. In  questa occasione molti sono i devoti  che arrivano dal  nord del Michigan per la cerimonia.


L’attività  del centro nei mesi estivi è molto intensa. Ogni weekend è programmato un incontro specifico,  dall’ hatha yoga al Thai, dai massaggi al Reiki e a metà agosto  c’è  lo Yoga Festival: tre giorni di  musica, meditazione, yoga, cibo vegetariano. Quest’anno sono arrivate circa trecento persone. Nel ranch ci sono vaste piazzole dove sistemare camper o tende.

 In questi ultimi decenni Song of Morning è diventato un punto di riferimento per chi vive nel Michigan  ed è interessato allo yoga ,alla ricerca spirituale. Vicino a Detroit, a Southfield, esiste invece il centro ufficiale dellaSelf Reallization Fellowship. Ambiente confortevole, persone deliziose. Al termine del servizio della domenica  viene offerto il succo di mele della zona(settembre è il mese delle mele nel Michigan) e un dolce fatto in casa a base di mele.

venerdì 5 ottobre 2012

Song of Morning


Le autostrade tagliano in due la foresta. Larghe e diritte.  Così, per centinaia di chilometri .Il  paesaggio è sempre uguale, a volte monotono. Tre ore e mezzo di macchina da Detroit per arrivare a Gaylord, nel nord del Michigan. Nella città di Vanderbilt, una strada sterrata porta al ranch, altri chilometri in mezzo alla foresta. Un viaggio che sembra non finire mai. Alberi, alberi, alberi. Poi, alla fine,  il paesaggio si apre:   un lago con cigni bianchi, un office e alcune abitazioni immerse nel verde.

 E’ sabato sera, in tempo per la meditazione delle 20.  C’è un silenzio totale. La cappella dedicata a Yogananda è semplice e ospitale. Si sale su una piccola altura attraversando un sentiero buio. Kumar, uno degli ospiti fissi, si presta a farmi da guida.

La mattina seguente, dopo la colazione, faccio una  breve passeggiata all’inizio della foresta. Il tempo è nuvoloso, ventilato. C’è acqua ovunque, e tanto  verde. Il respiro della natura rigenera mentalmente e fisicamente.  Il lago si trasforma in una cascata, poi in infiniti ruscelli nascosti nel verde. Un ambiente che concilia la pace interiore. Un’immensa foresta, 800 acres (oltre trecento ettari) è di proprietà del ranch; si può percorrere a piedi ed ogni sentiero ha il nome di un maestro della SRF. Venti lotti sono abitati da coloro che hanno deciso di condividere questo nuovo stile di vita.

E’ domenica. La lettura della cerimonia  riguarda come superare l’egoismo. Tema più che mai attuale . Aiutare gli altri per essere aiutati. Poveri, malati, carcerati, affamati, assetati, infreddoliti. Viene letto un passo del vangelo: “ Sono venuto affamato e non mi avete dato cibo…..” “Meditate, dice colui che conduce il servizio domenicale. Non dite alla sera: Sono troppo stanco per meditare. Alla fine della vostra vita vi ritroverete senza aver fatto un passo avanti.” Al termine della cerimonia  mi presentano alcune delle  13 persone che vivono nel ranch. C’è anche una giovane signora di origine italiana con un bambina di 3 anni. L’ha chiamata Giacomina, come la nonna  materna. Ci sono una trentina di ospiti che vengono  da Vanderbilt e da altre città vicine. Dopo  il pranzo vegetariano gli altri se ne vanno, tornano nelle loro case. Rimango sola a meditare sulla mia vita e le mie scelte.

Nel pomeriggio il cielo diventa nuvoloso e comincia una pioggerella fitta. Compaiono all’improvviso tantissimi uccelli con il petto arancione, mai visti. Volano per terra in cerca di cibo. Il lago, dopo la pioggia, ha un aspetto luminescente. Alle 18,30 è prevista la cena con Kumar, che si esibisce come cuoco in mio onore, ed un altro signore, alto, magro, atletico, dalla risata ridondante. Un’ ottima cena indiana. Prima di ritirarmi  nel mini appartamento che mi è stato riservato, in una casa isolata,  scambio le mie impressioni con  Kumar. A  novembre torna in India, da anni vive sei mesi nel ranch e sei mesi nella sua casa indiana.Una scelta invidiabile. D’inverno la neve e il gelo rendono il ranch inospitale.
 Lunedì mattina, dopo la colazione, torno a Detroit.