giovedì 18 luglio 2013

Varanasi






Partenza da Allahabad  per Varanasi. Si esce dall’area adibita al Kumbh Mela  con meno difficoltà dell’arrivo.C’è meno traffico dell’andata. Molti pellegrini e turisti,dopo il 10 febbraio, il giorno più importante per la festa religiosa, sono già partiti per tornare a casa.

 La strada che porta a Varanasi è moderna, divisa da un spartitraffico dove sono stati piantati degli arbusti, cespugli verdi, alcuni rigogliosi, altri già morti nell’incuria totale, in mezzo a resti di cartacce e rifiuti. Ai lati delle strade ci sono abitazioni povere, fatiscenti, altre con pretese  modeste a due piani. Lungo la strada, come in ogni parte dell’India, si trovano  baracche che vendono tè, acqua minerale, cibo.



Il governo indiano ha iniziato una campagna di riforestazione. Ai lati della superstrada che porta a Varanasi tanti cubi di mattoncini rossi proteggono i nuovi alberi  appena piantati. Alcuni sono già ripiegati su se stessi, forse già morti per mancanza d’ acqua, altri sembrano robusti e si avviano a crescere alti.  Ma ci vorranno decenni perché riescano ad ombreggiare  la strada e la campagna riarse dal caldo e dalla sete.


Torno a Varanasi per la terza volta, la prima è stata nel 1980, la seconda nel 1991 e la terza quest’anno. Dalla prima volta sono passati più di trent’anni. Varanasi non è cambiata, la città santa conserva tutto il suo fascino, i ghat, le scalinate che portano al Gange, le antiche costruzioni che costeggiano il fiume, le stradine strette, i mille negozi, tutto  sembra rimasto immutato nel tempo.  Quello che è mutato in trent’anni è il traffico. Lo ritrovo in città, caotico, frenetico, i clacson suonano in continuazione e creano un rombo assordante. Le auto devono sostare ai limiti del centro storico in appositi parcheggi. In una mezz’ora si arriva a piedi ai primi ghat.





E’ sempre molto bello  percorrere il Gange con una barca e vedere la città dalla prospettiva del fiume.  Una prospettiva diversa.  C’è sempre gente che si bagna, che fa abluzioni, che sale e scende i mille gradini dei ghat, che prega, a qualsiasi ora del giorno e della notte.  Due ghat  sono destinati alla  cremazione dei  cadaveri. Cataste di legna, pire fumananti e accanto, nel ghat successivo, ci sono bambini che giocano, abbastanza vicini alle pire e cani che sostano in attesa.



 Lungo il Gange incontriamo anche un guru shivaita con il  tridente , simbolo di Nettuno, bello, giovane, forte, molto festeggiato, con una barca addobbata e altre barche al seguito di fedeli, alcuni occidentali. Un ragazzo norvegese mi dice che si chiama Beniabag ed è il vero interprete dei Veda, la summa della spiritualità indiana, afferma convinto. Nella cartolina con il suo nome e la foto c’è scritto Nithyananda. Ha anche una sua tv. Su internet trovo  la notizia di un suo arresto per aver avuto rapporti con una donna. Poi sarebbe stato rilasciato. Misteri del misticismo indiano o diffamazione nata dalla gelosie tra i diversi guru.



















Dopo aver lasciato i ghat mi inoltro nelle  strade strette di Varanesi, tra mille negozi e  ultime spese. Lascio Varanasi portandomi dietro due  ultime immagini: una mucca scheletrica  che arranca tra una marea di pellegrini e turisti, e un Naga nudo che si avvia verso il ghat  per le abluzioni serali.