giovedì 10 giugno 2010

Vivere la morte nel corpo di un altro

Parahamansa Yogananda racconta nella sua Autobiografia di aver vissuto la sensazione della morte di un giovane soldato, colpito da una pallottola in guerra, perché la sua coscienza si era trasferita momentaneamente nella mente dell’ uomo.


Molti anni fa credo di aver vissuto la paura, l’angoscia della morte, nel corpo di un’altra persona. Ero tornata dal lavoro da circa mezz’ora, ero in cucina a preparare la cena. Improvvisamente ho avuto la netta sensazione di morire, l’impressione che la vita mi stesse scivolando via. Attimi di panico, mi sentivo come sdoppiata, da una parte c’era la paura e l’angoscia della morte; dall’altra cercavo di rassicurarmi, mi toccavo e dicevo: “Non ho niente, non ho dolori, perché mai dovrei morire?”


Spaventata e singhiozzando mi sono gettata sul letto. “Dio mio, cosa mi sta succedendo?”, ripetevo mentalmente, rannicchiata su me stessa. Sembrò durare in eterno, ma dopo circa mezz’ora la violenta sensazione di morte, così come era venuta, passò. L’unica associazione mentale che feci è che quella sera avevo incrociato un’ambulanza che stava andando a sirene spiegate al pronto soccorso del più vicino ospedale, il Policlinico Gemelli, mentre io ero in macchina a poche decine di metri da casa. E come ogni volta avevo mentalmente pregato per colui o colei che in quel momento, sicuramente, era in grave pericolo di vita. La preghiera era durata pochi istanti. La sirena si era spenta in lontananza, probabilmente l’ambulanza era già arrivata al Policlinico Gemelli, quando ho cominciato a sentirmi male.

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