mercoledì 16 giugno 2010

Il Tantra Yoga


Rajneesh era un maestro controverso, inquietante. Il suo non era il volto di un asceta, di un mistico, ma nel commento al libro “Tantra”- la comprensione suprema, discorsi sul “Canto di Mahamudra” di Tilopa- ci sono dei passi di grande acutezza, di grande profondità. Per esempio:“Non andare a cercare qualcuno da aiutare. Se sei tu che vai a cercare qualcuno da aiutare, una cosa è certa: non sei la persona giusta per portare aiuto. Se sei tu che ti metti a fare, fai danni. Cacci solo il naso negli affari degli altri. Lasciali essere loro stessi: non disturbandoli dimostri una compassione sufficiente. Non cercare di cambiarli: non sai quello che fai. Solo un illuminato è in grado di aiutare, il suo aiuto fluisce spontaneamente”.


Un cieco, infatti, non può aiutare un altro cieco ad attraversare la strada. Queste parole dovrebbero meditarle quei ferventi cattolici che si danno tanto da fare per convertire i laici ottenendo in genere il risultato opposto. Se nella coscienza di ognuno opera lo Spirito Santo, anche le diverse religioni, o culture religiose, sono opera dello Spirito Santo.


Nel suo commento al Mahamudra di Tilopa, Rajneesh si sofferma sulle differenze sostanziali che ci sono tra il tantra e lo yoga. Il più alto livello dello yoga — dice — è il primo gradino del tantra. L’uno è concentrato sull’ego, l’altro sul non–ego. Il primo è orizzontale, l’altro è verticale.


Poi continua: “Allo yoga ci vogliono milioni di vite per raggiungere la meta, con il tantra basta un secondo. Con Patanjali si viaggia su un carro trainato da buoi, ci si muove nel tempo; con Tilopa si viaggia su un aereo e si trascende il tempo. Volontà è la parola chiave dello yoga, arrendersi è la parola chiave del tantra, e il tantra è il cammino dell’amore perché l’amore è resa”.


Anche la tecnica insegnata da Yogananda appartiene agli antichi insegnamenti del Tantra Yoga e viene da lui definita la via più rapida e sicura per raggiungere Dio. Amare è arrendersi alla volontà del Padre celeste. Ma volere intensamente qualcosa, anche se questo qualcosa è Dio, mette necessariamente in moto l’ego, l’orgoglio. E l’orgoglio è il più grande ostacolo alla saggezza. E la Bhagavad Gita ci dà una bella immagine del saggio: “Chi non ha paura del mondo e di cui il mondo non ha paura”.


Quando in Occidente si parla di tantra, in genere si pensa a esercizi di ginnastica sessuale. Si è perso completamente il senso di pratica spirituale. In ognuno di noi ci sono le due polarità: uomo–donna, Shiva–Shakti. Tutte le tecniche, compresa l’unione fisica, maithuna, servono per risvegliare la kundalini, la potente energia raffigurata come un serpente avvolto a spirale, addormentata alla base della colonna vertebrale. Quando il corpo è purificato attraverso la meditazione e la dieta vegetariana, la kundalini–shakti sale lungo il canale sushumna fino al loto dei mille petali, sede del Signore Shiva. E con l’unione delle due polarità il praticante perde la sua individualità per immergersi in sat–cit–ananda, entra nell’Esistenza–Coscienza– Beatitudine Assoluta, e diviene uno con il Supremo. Se non si è preparati al risveglio dell’energia creativa si possono avere seri problemi fisici e mentali. Come se una lampadina costruita per reggere 50 watt fosse improvvisamente inondata da 3000 watt.



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