sabato 23 ottobre 2010

Il dolore

Il dolore, quando è intenso e prolungato, annichilisce la persona e le sue difese. Per questo, in genere, a una malattia ne subentra subito un’altra senza soluzioni di continuità. A volte, può accadere di vivere per mesi con la sensazione di essere arrivati al capolinea. È come se ci fosse un muro invalicabile davanti a noi, come se sullo schermo della nostra vita fosse apparsa la parola “the end”. In quei momenti non sappiamo se assecondare questa sensazione di fine oppure ribellarci alla malattia, reagire, coltivando la speranza di guarire. Ci chiediamo: Cosa sta succedendo? Stiamo vivendo la conclusione di una fase o è veramente arrivata la fine della vita? E spesso anche i sogni sembrano indicare l’incontro con la morte. Reale o metaforica? Allora, tagliamo tutti i ponti dietro di noi. Viviamo in un tunnel buio senza luce. Accanto a noi soltanto la disperazione. Le terapie contro il dolore, gli oppiacei, la morfina, possono alleviare la sofferenza fisica, ma un tarlo invisibile continua a corrodere la psiche.


Quando le malattie sono lunghe, dolorose, incomprensibili ai medici, refrattarie ad ogni cura, anzi che peggiorano con le cure, ci chiediamo se ha ancora senso continuare a occuparsi delle miserie della vita quotidiana invece di ritirarsi in un ashram, in un convento, per morire serenamente. In India la vita sembra scorrere in modo più naturale. Da ragazzi si pensa allo studio e alla formazione, poi al matrimonio e al lavoro, infine al ritiro e alla ricerca spirituale. Nella quarta fase dell’esistenza, che coincide con la vecchiaia, si sceglie la vita monastica. C è una grande saggezza in questa suddivisione dei compiti e dei ruoli.


Nessun commento:

Posta un commento