Le donne sono state viste nella storia della Chiesa, soprattutto nel passato, come il diavolo, come portatrici di peccati e desideri. E i grandi yoghi non sono stati da meno. In un libro dedicato al brahmacharya, al voto di celibato, swami Shivananda, un grande maestro di Rishikesh, consiglia ai propri discepoli di camminare guardando per terra e di tenersi alla larga dalle donne; e agli uomini sposati suggerisce: “Cercate di stare lontano dalle vostre compagne il più possibile. Parlate poco con loro. Siate seri. Non scherzate e ridete con loro”. L’ho trovato veramente eccessivo, anche per un paese tradizionalista come l’India.
Un altro yoghi, swami Satchidananda, anche lui discepolo di Shivananda, scrive per gli occidentali cose ben diverse. Non c’è peccato nel sesso. Il piacere tra i due sessi è positivo. Dio ha creato questa inclinazione. Se c’è peccato questo è nell’eccesso. Nello yoga la chiave è la moderazione: nel pensiero, nella parola, nell’azione e nel sesso. Swami Satchidananda, nei suoi scritti, definisce l’omosessualità e la masturbazione forme di schiavitù mentale.
Giovanni Paolo II, durante il suo pontificato, ha invitato i sacerdoti a vedere in ogni donna una madre e una sorella per allontanare, ovviamente, le tentazioni carnali. La posizione della Chiesa sembra lontana dalla sensibilità della maggior parte dei cattolici che, su questo tema, sembrano più aperti. Il celibato deve essere una scelta del singolo sacerdote, non un’ imposizione ( che risale all’anno mille); ai tempi dei primi padri della chiesa, infatti, il vescovo poteva essere spostato. L’attuale carenza di vocazioni dovrebbe consigliare il Vaticano a riconsiderare il problema. La Chiesa, invece, dovrebbe essere severa e intransigente con i preti che si macchiano di pedofilia. Devono essere allontanati dalle loro funzioni e affidati alla giustizia civile.
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