giovedì 10 dicembre 2015

Quattro vie spirituali

Matthew Fox  nel suo libro "In principio era la gioia"  indica quattro percorsi, attraverso i quali si può recuperare la vera tradizione spirituale, più vicina a Gesù, e cita Gandhi che  parlava di un "cristianesimo senza Cristo".

Queste le quattro vie, sommariamente sintetizzate.


La via negativa (diventare amici dell’ oscurità) afferma che “ non c’è salvezza dal dolore, ma vi è salvezza per mezzo del dolore”; la vita  è solo mortificazione e sacrificio. 
Nella via positiva (diventare amici del creato)  diventiamo cittadini del cosmo, fiduciosi, con “una relazione sacra  con le stelle e gli atomi.” Dio è luce, accoglienza, generosità. E’ la fiducia  a fugare la paura, è la tradizione del Cristo cosmico. Per San Paolo – ricorda Fox- non è possibile essere cristiani senza essere mistici e San Tommaso parlava di Dio come di un artista,  il cui capolavoro è l’universo.

 E c’è anche una terza via: la via creativa (diventare amici della creatività), che prevede meditazione e silenzio. Lasciar andare non solo le parole ma soprattutto le immagini, come nelle pratiche della meditazione orientale. Dove non c’è la via positiva non c’è  creatività. “La creatività è energia cosmica, anzi è il cosmo che dà origine a se stesso”.
 Una società secolarizzata, priva di una visione spirituale, non può produrre arte ma solo intrattenimento. Dobbiamo passare dal cosmo alla cosmogenesi, dice Fox. Una sana teologia è un antitodo indispensabile alla paura della morte, della vita, della sofferenza, del piacere, della colpa, in pratica alla paura della nostra creatività. Noi che siamo fatti a immagine del creatore,  condividiamo lo stesso essere del Creatore.
  
Dio si è fatto uomo perché l’uomo potesse diventare Dio (Ireneo). L’umanità e la divinità sono unite nell’uomo nuovo. E dopo aver percorso i tre sentieri spirituali si arriva alla quarta via, l’ultima, la via trasformativa (diventare amici della Nuova Creazione). “In ogni situazione la nostra creatività deve essere al servizio della compassione “.  Un concetto alla base del Buddhismo.


Una mente aperta, illuminata, che si batte contro la violenza e le catastrofi create dalla civiltà, che auspica l’impegno civile dell’uomo. Il teologo americano fu  accusato di essere vicino alla teologia della liberazione, condannata poi da Giovanni Paolo II. Per Mattew Fox i profeti di oggi sono Gandhi, Doroty Day, Martin Luther King, persone che hanno combattuto e sono morte per cambiare la società. Non si può essere passivi di fronte ai mali del mondo, alla povertà, alle malattie, alle violenze, alle guerre, ai cambiamenti climatici che  possono causare  catastrofi, tali  da modificare la vita sul nostro pianeta.

 Anche Papa Francesco, da quando è stato eletto, predica la povertà della Chiesa, mentre  cerca di riformare la curia con il suoi privilegi. Ha scritto una importante enciclica sull’ambiente,”Laudato si’”, sulla cura della casa comune”, “la terra è ferita, serve una conversione ecologica”.  Ha utilizzato parole semplici per dire no alla guerra e alle armi.  Viene da una terra di martiri, (ricordiamo l’uccisione di monsignor Romero da parte degli squadroni della morte mentre era sull’altare). Ha un grande carisma.  E’ stato definito profeta.

Papa Bergoglio, come vedrebbe oggi le idee progressiste di Matthew Fox?  Il Papa ha indetto  il giubileo della misericordia perché Dio è misericordioso e gli uomini devono praticare la compassione. Si può essere misericordiosi con chi ha espresso parole diverse  dalla tradizione, come quelle pronunciate e scritte da Matthew Fox? Dentro il Vaticano  Papa Francesco è veramente libero? Quanto è condizionato dai cardinali che lo circondano? Fare pulizia è il compito di questo papa, ma mettere sotto accusa due giornalisti italiani, Nuzzi e Fittipaldi, che hanno svelato  le ruberie e gli sprechi in Vaticano, scrivendo due libri, è segno di giustizia o di mancanza di misericordia?

giovedì 3 dicembre 2015

Matthew Fox


Nel 1993 fu espulso dall’ordine dei domenicani da Joseph Ratzingher, allora  prefetto della Congregazione per la dottrina della Fede ( ex Ufficio della Santa Inquisizione). La  colpa del famoso teologo  americano Matthew  Fox?  Aver espresso idee in contrasto con l’ortodossia cattolica, che vede la religione cristiana basata sul peccato originale; una religione patriarcale che si è macchiata  un tempo di crimini orrendi: migliaia di persone bruciate vive perché giudicate “eretiche”. Tra queste Girolamo Savonarola, Arnaldo Da Brescia, Giordano Bruno, morto a Campo de’ Fiori il 17 febbraio 1600 . E tra Giordano Bruno e Mattew Fox ci sono alcune analogie : entrambi domenicani, ordine da cui provenivano molti inquisitori ma anche personalità di grande spiritualità come san Tommaso d’Aquino, santa Caterina da Siena, Meister Echhart, Beato Angelico. Giordano Bruno fu messo al rogo all’età di cinquantadue anni, Fox fu espulso dall’ordine a cinquantatre anni; entrambi erano studiosi di scienza e di altre religioni; entrambi credevano in una religiosità cosmocentrica.

Il pensiero di Fox  si sintetizza in questo concetto: bisogna “ricondurre le religioni alla loro essenza, che non è la religione, ma la spiritualità”. Con parole diverse  si esprime un altro teologo, Leonardo Boff: “La Chiesa clericale è più vicina ai palazzi di Cesare che non alla barca di Pietro”.

 Nel 1983 Matthew Fox pubblicò negli Stati Uniti il libro “Original Blessing”, bestseller in molti paesi, tradotto nel 2011 in italiano con il titolo, “In principio era la gioia”, dalla casa editrice Campo dei fiori. Un libro molto interessante, con la prefazione di Vito Mancuso.  Fu proprio questo libro, definito da Ratzingher “pericoloso e forviante”, a   mettere il teologo sotto osservazione dalla Congregazione della Dottrina della Fede.

Quando nel 2005 fu eletto  papa Ratzinger, Matthew Fox si recò a Wittenberg e sulla porta della chiesa del castello affisse novantacinque tesi contro le indulgenze papali, ripetendo il gesto che aveva fatto nel 1517 Lutero, dando poi origine  alla Riforma. Fox scriveva polemicamente: “ Dio è padre e madre ,“ La religione non è necessaria, la spiritualità sì “, “Il cosmo è il sacro tempio di Dio”.

Matthew Fox ha una visione  cosmocentrica, positiva, ecologica, gioiosa, a differenza  del cristianesimo pessimista, patriarcale, basato sul peccato originale di Sant’Agostino.  Matthew Fox vuole tornare alle origini del cristianesimo, quello  più autentico, che crede nel bene e nella gioia, che si ispira al misticismo  medievale di Ildegarda di Bingen e di Meister Echart, e ha una visione che potremmo definire yogica,  quando afferma “Dio è in tutto il creato”.
“ C’è un unico flusso, un’unica energia divina, un’unica parola divina, nel senso che una sola energia creativa fluisce attraverso tutte le cose, tutto il tempo, tutto lo spazio”.  Ricorda il concetto del  “prana” della filosofia indù. Matthew Fox sostiene che bisogna sostituire la religione  con la spiritualità  e il pessimismo con la speranza.                                  


La natura  non è corrotta ma madre benigna, anzi Dio è madre e padre. Il teologo americano rifiuta l’idea del peccato originale, concepito da Sant’Agostino negli ultimi anni della sua vita, marchio che ha afflitto l’umanità per secoli. “Quanto dolore e quanto peccato sono stati prodotti da un’enfasi eccessiva sulla dottrina del peccato originale?”, si chiede Matthew Fox. (continua)





mercoledì 10 giugno 2015

Brother Sevananda (aiuto divino)





Avete ascoltato la storia del cappotto costoso  e del cappello regalato a Yogananda, raccontanta da brother Sattvananda. All’inizio nell’ashram c’era penuria di tutto, pochi soldi, pochi mobili, compravamo i vestiti nei negozi di abiti usati. Un monaco comprò un abito per un dollaro e nella tasca trovò due dollari.  Questo è l’aiuto divino.

Uno dei monaci incontrò brother  Premamoy . “Che bella giacca!”, disse. “Ti Piace? Prendila”, rispose brother Premamoy senza attaccamento. Poi un’altra volta sempre lo stesso monaco esclamò: “Che bella maglia”. “Ok, disse brother Premamoy, è tua”. Ma la terza volta brother Premamoy rispose: “No. Tu sei attaccato al mio non attaccamento.”

 L’insegnamento, il lavoro, sono importanti, ma dobbiamo impegnarci anche a trovare il tempo per meditare. I primi anni alla casa madre sono  stati anni felici per alcuni monaci.

Nel corso del Parlamento religioso mondiale era prevista una conferenza di Sri Daya Mata dal titolo“ Come potete cambiare gli altri”. I posti furono subito esauriti.  Ma Daya Mata precisò che l’unico modo per cambiare gli altri è cambiare noi stessi. Yogananda diceva :“Cambia te stesso e cambierai migliaia di persone”.

Nel cimitero di Londra c’è una lapide del 1100  dove c’è scritto: ”Quando ero giovane e libero e la mia immaginazione non aveva limiti sognavo di cambiare il mondo ma fu impossibile, crescendo decisi di cambiare la mia patria ma non ci riuscii, da vecchio volevo cambiare la mia famiglia, ma anche loro non ne vollero sapere. Sul letto di morte ho capito che se avessi cambiato me stesso avrei cambiato la mia famiglia e, attraverso la mia famiglia, avrei cambiato  la mia patria e, chissà, forse anche il mondo”.

Il Maestro disse: “La bontà di un’anima di una sola persona può neutralizzare il Karma di milioni di persone”.

Daya Mata era una persona meravigliosa.  Con Mrinalini Mata, attuale presidente, non c’è nessuna differenza. Hanno in comune lo stesso amore, la stessa saggezza, la stessa  sollecitudine, la stessa protezione per tutti noi.

Mrinalini Mata  ci raccontò un aneddotto su Daya Mata. Un giorno ricevette i complimenti inaspettati di Yogananda per la sua bravura  e lei  alla fine disse con sincerità:”Lei sa Maestro che non sono così brava, non merito tanti complimenti”. E Yogananda replicò: “Ma adesso devi mettere in pratica quello che ho detto di te”.

Anni dopo Daya Mata cominciò a lodare Mrinalini Mata. E lei disse : “Mi ricorda tanto la storia del maestro che ci ha raccontato. Non posso fare a meno di pensare che sta facendo a me quello che Yogananda fece a lei”. “Funziona!”, rispose Daya Mata.

Ora tocca a voi. Mrinalini Mata: “Il Maestro non si aspetta la perfezione da noi, ma dobbiamo fare del nostro meglio. Se facciamo questo siamo già dei devoti perfetti.”

Yogananda disse: Dio ti ha mandato a me, non ti deluderò mai. Ti chiedo una cosa sola, non cercare mai di ingannarmi, non ci riusciresti. Sono nel tuo cuore, in sintonia con voi. Sarò con voi anche senza il corpo fisico, veglierò su di voi. Ogni volta che un devoto mi penserà nel profondo della sua anima, gli sarò vicino.





Brother Sevananda (abbandono a Dio)


I popoli latini hanno uno spiccato senso della famiglia. Quando osservo gli italiani trovo, infatti, che è molto bello  notare in voi  questo  senso della famiglia. E’ per me un benvenuto. Siamo in famiglia. Dio ci ha chiamato, quando ci incontriamo dobbiamo percepire l’amore, la compassione, la pace di Dio. E quando torniamo a casa dovremmo portarli con noi. Dobbiamo raggiungere un alto livello di percezione della presenza di Dio.

 Il guru ci propone un livello sempre più alto di disciplina, di arrendevolezza. Quando ci arrendiamo a Dio ci vuole disciplina. La nostra pratica è una pratica di abbandono, per avere il controllo delle nostre menti e dei nostri cuori. Così possiamo donarli a Dio. Il Krya Yoga controlla l’energia e ci riunisce a Dio.

Dopo le pratiche, sentite l’amore di Dio, un abbandono dolce, posate la testa nel grembo della Madre Divina.

Il Maestro ha detto: ”Immaginate una madre italiana molto amorevole con suo figlio. La madre divina è un milione di volte più amorevole. Non riusciamo a comprendere così tanto amore.”
Dio ha così tanto amore per noi. Dobbiamo abbandonare cuore mente e, allora, avremo la grazia. Se offriamo con sincerità i nostri cuori, Dio non avrà altra scelta che accettare.


mercoledì 27 maggio 2015

Brother Sattvananda (Satsanga)


 Brother Sattvananda  risponde alla domanda di un devoto che chiede chiarimenti sul significato di Maya, raccontando la storia di Krishna e di un suo giovane discepolo.
 Dopo aver camminato a lungo nella foresta Krishna e il discepolo  si fermano sotto un albero per riposare. Il discepolo chiede a Krishna: “Che cos’è Maya?”. Krishna sorvola sulla domanda e prega il giovane  di portargli un po’ d’acqua da bere. Il discepolo corre nel villaggio più vicino per soddisfare il desiderio del  suo guru. Trova una casa e un contadino al quale chiede l‘acqua. Il contadino chiama la figlia e le ordina di portare l’acqua al monaco. Il giovane monaco affascinato dalla bella ragazza, dimenticando  completamente ciò che aveva promesso a Krishna,  decide di  fermarsi nel villaggio.  Passano gli anni, il giovane ha sposato la ragazza, è padre di due figli, è felice con la sua famiglia.  Un giorno arriva improvviso e violento un uragano che distrugge tutto. Il giovane perde la casa, gli animali, cerca di salvare la moglie e i figli ma invano,  la potenza delle acque gli porta via tutto. Rimasto solo e disperato vaga nella foresta finchè sotto lo stesso albero, dove l’aveva lasciato molti anni prima, incontra Krishna che gli chiede: “Non dovevi portarmi l’acqua?”. “Perdonatemi,” supplica il giovane. “Non mi serve più”, risponde Krishna. E il discepolo: “Ho capito il significato di Maya”.

 La vita è una provocazione continua. I problemi vanno accettati e superati. Aiutano a progredire nel cammino spirituale.

Non diamo per scontato quello che abbiamo. Siamo grati a Dio per i privilegi che abbiamo.  Il desiderio di Dio è già un buon punto di partenza, poi  servono volontà e disciplina. La devozione cresce con il desiderio di Dio, che si alimenta con la meditazione.  Ci vuole disciplina nel fare gli esercizi,  bisogna creare l’abitudine agli esercizi e alla meditazione. Se durante la meditazione si raggiunge la pace, allora rimanete in quella  pace. Nel silenzio. Assaporate la pace nel silenzio.

Non è necessario che i gruppi SRF crescano di numero ma nella qualità. Il Maestro raccontò una sua visione:” Ero in una grande cattedrale piena di gente dove non si percepiva la presenza di Dio, poi ero sotto un albero con un piccolo gruppo di discepoli e lì era forte la presenza di Dio. La Madre Divina mi chiese: “Cosa  vuoi?”. Yogananda rispose: “Il piccolo gruppo”.

Se facciamo un lavoro che non ci piace, dobbiamo accettarlo. Dobbiamo farlo come servizio, senza attaccamento poi, con il tempo, possiamo cercare di migliorare la nostra posizione, scegliendo un lavoro che ci piace di più. Servire Dio nella città dove siamo nati, anche se non ci piace.

Per diventare un monaco  SRF  il percorso è molto lungo:  2 anni di postulato, poi tre anni di noviziato, poi un lungo periodo di brahmachari, infine il voto definitivo. Anche noi monaci abbiamo i nostri demoni interiori. Il percorso è lungo, a tappe, così, se non si è pronti, si può tornare indietro in qualsiasi momento. E’ auspicabile affrontare il monacato con esperienze alle spalle.  E’ una scelta che deve maturare dentro di noi, con convinzione.

Se cerchiamo Dio, vuol dire che nelle vite precedenti abbiamo maturato questo desiderio. Non sprechiamo questa vita inseguendo Maya. E’ sempre la sofferenza che ci porta a intraprendere il cammino spirituale. Se abbiamo il desiderio di meditare, ma poi decidiamo di fare qualcos’altro, vuol dire che il desiderio di  quell’ altra cosa era più forte. In questo caso ci deve aiutare il senso del dovere e il rispetto che dobbiamo al Guru per le promesse fatte una volta preso il Krya.

Se in questa vita abbiamo scelto  di creare una famiglia non dobbiamo trascurare coniuge e figli per meditare. E’ necessario trovare la giusta armonia tra Dio e i doveri familiari. Se è rimasto in noi da una vita precedente il desiderio di meditare, ma in questa vita  abbiamo creato una famiglia, abbiamo il dovere di essere dei genitori presenti e amorevoli.

Brother Sattvananda racconta la storia di Yogananda al quale era stato regalato un cappotto molto costoso e un cappello. Il Maestro diceva: le mie preoccupazioni sono nate con questo cappotto. Si può macchiare, rovinare. Pregava: Signore, perché non te lo riprendi? Così,un giorno, in occasione di una conferenza, lasciò il cappotto al guardaroba della sala e svuotò le tasche, per precauzione. Al ritorno trovò solo il   cappello, il cappotto era stato rubato. Yogananda: “Signore, perchè non ti sei ripreso anche   il cappello?”

Daya Mata:” E’ difficile pensare a Dio mentre stai lavorando”. Yogananda : “Avevo anch’io questo problema”.

Un giorno Yogananda era talmente assorto nel suo lavoro che aveva dimenticato di mangiare   e ogni tanto qualcuno andava a supplicarlo di prendere qualcosa e Yogananda rispondeva: “La mia mente è troppo presa dal lavoro”. “Maestro  è   rimasta un po’ di torta di ieri”. E lui chiese: “Che tipo di torta è?”. “Torta di mele”.” Ok,  la prendo”.  Brother  Sattvananda cita questo episodio   per  sottolineare che anche il guru, pur nella sua trascendenza, conservava un aspetto molto umano.

L’ “Autobiografia di uno Yogi” è un libro molto bello, scritto bene, capace di catturare il lettore  per la sua grande  umanità. Mostra  le  irrequietezze di Yogananda da giovane.   Così anche noi possiamo dire:“Ce la posso fare  anch’io”.

Pensare: ”Il  guru non è mai soddisfatto di me” è un’idea sbagliata, alimenta il nostro complesso di colpa. Noi dobbiamo fare del nostro meglio, dopo ci penserà Lui. L’umanità  del  Guru ci collega a Dio.

mercoledì 6 maggio 2015

Brother Sattvananda: Surrender




Brother Sattvananda inizia la sua conferenza con una battuta, ricordando la penuria di soldi che c’era nell’ashram di Los Angeles all’inizio dell’opera di Yogananda.  I monaci compravano vestiti usati, raccoglievano fondi per costruire gli edifici e un giorno un monaco durante una conferenza disse: “Abbiamo i fondi per iniziare i lavori. L’unica cosa… è che sono ancora nei vostri portafogli”.

Il messaggio di Mrinalini Mata: “ Nella vostra Anima esiste una forza e una volontà illiminata come figli di Dio. La scienza sacra dello yoga possa aiutarvi a superare l’irrequietezza  e sentire l’abbraccio di Dio, il benessere che si prova quando si è in sintonia con Dio. Aiutiamo gli altri a migliorare.”

Coltiviamo il giusto atteggiamento verso Dio. Essenziale è la disposizione mentale, quella che ci consente di avere il giusto atteggiamento per affrontare le circostanze che la vita ci presenta, gli alti e bassi che incontriamo.  Importante è raggiungere la saggezza.

Ogni sentiero ha le sue regole, quelle dello  yoga sono Yama e Nyama, sono indicazioni di base. Possiamo avere molte regole, ma la vita ci presenterà sempre nuove sfide. E’ necessario discriminare. Ci vogliono regole ma anche buon senso. Nel fondamentalismo  i precetti sono rigidi, si crede ciecamente in qualcosa, mentre la realtà è molto più complessa, non si può costringerla in una cornice rigida. Bisogna crescere. Il giusto atteggiamento nei confronti degli altri comprende buon senso, benevolenza, compassione, accettazione.

Un monaco chiese a Daya Mata: “Sto agendo con Verità?”. “L’amore è sempre più forte dello spirito della Verità”, rispose Daya Mata. Ci vuole umiltà nel giudicare. Chiediamoci sempre: ”Qual è la cosa giusta da fare in questa occasione?”.  Prima di intraprendere qualcosa dobbiamo fermarci a riflettere: ”E’ il mio istinto che mi spinge a reagire?” Dobbiamo agire nel modo giusto nel momento giusto.

Sri Yukteswar diceva che le buone maniere senza sincerità sono come una bella donna, senza vita.

La sincerità è importante, è una forma di gentilezza, ma dobbiamo stare attenti a ciò che diciamo.  Dobbiamo agire con le parole come un chirurgo con  il bisturi. La franchezza è un bene, ma per non sbagliare seguiamo le regole e chiediamo aiuto a Dio.  Comportiamoci come suggerisce la nostra coscienza, con umiltà. Diamo al Guru l’opportunità di guidarci.

L’intuizione sviluppa il giusto anelito del cuore. Sri Yukteswar diceva a Yogananda: “Impara a comportarti bene”. Una vita ben vissuta dimostra amore e saggezza, rispetto e benevolenza per gli esseri umani, gli alberi, gli animali, per tutto il creato.

Brother Sattvananda ricorda, a proposito dell’attenzione che dobbiamo avere per tutto il creato,  un episodio accaduto nell’ashram di Los Angeles. Un giovane monaco stava rastrellando le foglie nel giardino quando un altro discepolo di Yogananda lo chiama perché  bisognoso di aiuto. Il monaco giovane si precipita  lasciando cadere distrattamente il rastrello per terra. Un monaco anziano, che aveva assistito alla scena, quando il giovane monaco torna a rastrellare le foglie, gli fa notare che nella fretta aveva fatto cadere il rastrello su un rododendro  e un ramo della pianta si era spezzato.

 Brother Sattvananda ricorda un altro episodio che mostra la lungimiranza  dei monaci più anziani. Un giovane monaco era appassionato di arti marziali e dei film di Bruce Lee. E non perdeva occasione, quando camminava per strada, per girarsi a guardare i manifesti che pubblicizzavano le pellicole. Alla fine  Brother Premamoy lo  chiamò e lo portò al cinema a vedere un film, proprio di Bruce Lee. Le regole sono importanti, sono le basi di un giusto atteggiamento verso la vita, gli altri, Dio, il Guru. Ma ci sono anche  le eccezioni.

Sono le aspettative errate che ci fanno soffrire. Importante è il giusto atteggiamento verso la vita, ribadisce brother Sattvananda.

Quando Mukunda lasciò l’ashram di Sri Yukteswar per fuggire  sull’Himalaya,  al ritorno temeva i rimproveri del maestro. Ma Sri Yukteswar gli disse: “ Non mi aspetto nulla dagli altri, quindi non posso avere rabbia, desideri o frustrazioni”.

La serenità interiore non deve dipendere dalla situazione esteriore. Le aspettative inconsce che ci rendono felici vengono dai piani astrali. Quando la vita mostra il lato oscuro ci deprimiamo, ci arrabbiamo. La vita è lo strumento del nostro progresso spirituale. Buddha dice: “La vita è  impermanente”. Dalla transitorietà della vita nasce la nostra sofferenza. Come può una cosa impermanente renderci permanentemente felici?

La natura ha tre qualità: Tamas (oscurità, ci allontana da Dio), Sattva (positività, bene) , Raja (moto perpetuo, neutro).

La vita manifesta continuamente i lati positivi e negativi. Renderci felici è il nostro compito. Dobbiamo creare dentro di noi una pace interiore permanente seguendo le regole e praticando la meditazione.
Diventare saggi e sereni dipende sempre meno dagli agenti esteriori. Posso avere speranze, accettare la vita nel bene e nel male. Il karma, anche se è duro, dobbiamo prepararci ad affrontarlo. Se dobbiamo fare un safari nella giungla non possiamo aspettarci che i leoni  si comportino bene e i serpenti si allontanino.  Ci prepariamo adeguatamente e attraversiamo la giungla della vita.

Brother Sattvananda insiste nel ripetere che è importante  avere il giusto atteggiamento verso gli altri, perché spesso pensiamo che gli altri siano diversi da quello che sono. Dobbiamo dare agli altri il diritto di essere se stessi. Brother Sattvananda racconta una sua esperienza personale. “Quando ero novizio soffrivo molto del comportamento errato di alcuni novizi.” Mi chiedevo : “Ma perchè fanno così?”. Poi un giorno un monaco mi disse:  “Si comportano così  perché è lì che sono”.  “Dove? “chiese Sattvananda. “A quel livello di maturità”, rispose l’altro monaco.

 Pretendiamo che gli altri siano diversi, invece dobbiamo accettare gli altri così come sono, possiamo solo tentare di capirli. Una persona non fa la cosa giusta perché in quel momento  è incapace di farla. Dobbiamo cambiare noi, il nostro atteggiamento, la nostra strategia. “Non si può biasimare un coniglio perché è un coniglio e non è un leone”.

 Brother Sattvananda, per spiegare meglio il concetto,  racconta la storia di un difficile rapporto tra padre e figlio.  Il padre non era stato un buon padre nè un buon marito, aveva fatto soffrire la moglie, i figli; la coppia  si era separata: una famiglia distrutta. Sul letto di morte il figlio chiede spiegazioni al padre : “Perchè ci hai fatto soffrire così tanto? Perché hai fatto soffrire la mamma?” E il padre, che aveva raggiunto una certa saggezza prima di morire, rispose: “Non sapevo quello che facevo”.

 Dobbiamo avere il giusto atteggiamento anche verso Dio e il Guru.  Non dobbiamo coltivare aspettative sbagliate. Non dobbiamo pensare :“Sto facendo una vita buona , faccio tutto quello che posso. Dio dovrebbe darmi un po’ di serenità. Invece perché mi capita tutto questo?”.

Brother Sattvananda racconta un’altra storia.  C’era una famiglia perfetta, genitori, figli, tutti molto religiosi, seguivano le funzioni nei templi, poi il figlio maggiore partì per il Vietnam e la famiglia scomparve, non si vide più alle funzioni. Un monaco anziano alla fine  telefonò alla famiglia per chiedere spiegazioni. “Perché Dio ci ha trattato così?”, fu la risposta. Si erano allontanati dalla fede. Non avevano retto alla prova. La sofferenza, l’ingiustizia, a volte sono necessarie. Dio è sempre dalla nostra parte.

Gyanamata diceva: A un Maestro non importa che tu soffra o  meno. Perché quando il lavoro sarà compiuto  ci darà una mano. Ci dà problemi ma dall’altro lato ci aiuta. Bisogna avere fiducia in Dio perché è dalla nostra parte.

Brother Premamoy pregava la Madre Divina:” Non so perché devo passare attraverso queste esperienze, ma tu lo sai”.

Surrender è la parola chiave. Abbandonarsi a Dio.

martedì 21 aprile 2015

Brother Sevananda (unità tra le religioni)







 Brother Sevananda, durante la prima conferenza, ha posto l’accento sull’importanza dell’unità tra tutte le religioni. E’ necessaria l’unione di tutti gli uomini perchè in ognuno di noi c’è la scintilla divina. Prima di scegliere qualsiasi fede dobbiamo metterci in contatto con l’Universo e fare l’esperienza diretta di Dio.

Parahamansa Yogananda diceva “ Non predico la fortuna, ma vi dico come migliorare la fortuna”. Consigliava di non imitare tutte le usanze americane ma di prendere il meglio delle abitudini dell’Est e dell’Ovest. Dobbiamo equilibrare la vita occidentale con quella orientale. Nei secoli abbiamo fatto molti progressi scientifici ma non sono sufficienti per raggiungere la felicità. E’ possibile conquistare il mondo ma, nello stesso tempo, perdere l’anima e la salute.  Materia e spirito sono facce di un solo universo, di una sola verità.

Durante una delle tante conferenze di Yogananda,  in giro per gli Stati Uniti, un uomo si alzò e disse:” Sono disgustosamente ricco e disgustosamente sano”.  E Yogananda gli chiese: ” Lei è anche disgustosamente felice?”. “No,” rispose l’uomo che divenne, in seguito, suo discepolo.

La coscienza addormentata aspetta di essere risvegliata. SAT CHIT ANANDA vuol dire sempre esistente, sempre cosciente, sempre beatitudine, ovvero l’Anima. Il Krya Yoga può risvegliare l’Anima. La tecnica, insegnata da Yogananda, consente di trovare la pace, la gioia, la felicità; è un metodo sicuro  per riunire l’Anima allo Spirito. Siamo separati da Dio, dobbiamo riunirci a Lui.

Possiamo sperimentare nella nostra vita l’incontro tra scienza e spiritualità, la scienza della religione.

Un monaco della SRF, dopo la morte di Yogananda si era recato alla conferenza di uno noto swami. Lo swami appena lo vide lo salutò e gli chiese: “Cosa fai tu quì? Tu hai già un guru!”. “Il mio guru è morto” rispose il monaco. E il santo replicò: “ Il tuo guru è vivo, sei tu che sei morto”.

Brother Sevananda ha sottolineato quanto sia importante lavorare per la pace, a prescindere dalla religione che si segue. Le diverse religioni hanno preghiere diverse, riti diversi. Diverse abitudini, in piedi o seduti, a capo coperto o scoperto, in silenzio o cantando. Oggi si litiga su queste forme esteriori, dovrebbe essere importante, invece, incontrarsi sulle forme interiori di preghiera, sulle esperienze personali per poter amare e apprezzare gli altri. Ci aiuterebbe molto per affrontare le sfide della vita  e per identificarci sempre più con il vero Sé.

Conosciamo poco la natura divina dell’Anima. “Non c’è gioia che si possa paragonare a questa consapevolezza” diceva Yogananda. Con l’aiuto della meditazione in qualunque difficoltà vi troviate avrete l’intelligenza per comprenderla e la forza per superarla. Dobbiamo tener presente la triplice natura del nostro essere: anima, corpo, mente.

Anche i santi, Gesù compreso, hanno avuto le loro difficoltà. Il potere divino interiore ci porta alla comprensione, all‘amore e alla compassione. Dobbiamo “rimanere imperturbabili in mezzo a mondi in collisione “. Dobbiamo “vivere pienamente la vita invece di farci sopraffare da essa”. Dobbiamo trovare il nostro sentiero.” Come faccio a sapere se funziona?” chiese un uomo a Yogananda. E il Guru rispose:” Intanto metti in pratica le tecniche  per sei mesi, se le pratichi seriamente ti garantisco che migliorerà la tua vita”.

Brother Sevananda ha concluso l’incontro con queste parole: “ Nel mondo ci sono molti sentieri spirituali. Posso dire che dopo 40 anni di pratica, dopo aver seguito gli insegnamenti del Maestro ed aver visto i risultati prodotti su di me, sono convinto che anche per voi il Krya Yoga potrà essere la base per progredire rapidamente sul sentiero spirituale. La meditazione vi mette in sintonia con il potere di creare il pensiero. Se mediterete proverete una felicità più grande di quanto abbiate mai conosciuto.”