Meditazione con Kirtan. I bajans e i canti devozionali di
migliaia di persone scendono su di me come una carezza che lenisce le ferite.
Sono passati pochi mesi dalle
fratture ai polsi che pochi giorni prima di partire per Los Angeles sono caduta
lesionando due costole. Tutta la prima parte del viaggio sarà segnata dalla
sofferenza e dal disagio di dormire seduta. E’ la terza volta che sono a Los Angeles, ed è la seconda
Convocation della Self Realization Fellowship a cui partecipo dopo quella del
1993, centenario della nascita di Yogananda. Sempre al Bonaventure Hotel, a
downtown. Un albergo con quattro torri che si stagliano verso il cielo.
Siamo in tremila di 42 nazioni diverse. 600 sono i volontari
impegnati dalla mattina alla sera. Un’organizzazione perfetta. Un’opportunità
per andare in profondità, per
riconoscere che siamo uno con Dio.
I monaci ripetono che è importante vivere questa settimana intensamente
per tornare alla nostra vita
abituale diversi, migliori, così da poter influire sugli altri con il nostro
esempio.
“Tu sei la luce, noi siamo le scintille, Tu ed io siamo Uno.
Tu sei L’Oceano, noi siamo l’onda. Tu ed io siamo Uno. …”
Anche se se si è presi dal lavoro, dalla famiglia si deve
trovare il tempo, anche solo 15 minuti, per stare in silenzio e meditare. E’ utile offrire il lavoro a Dio
e sentire la sua presenza in ogni istante
della nostra vita. Lui è vicino, siamo noi che lo dimentichiamo. Ripetere mentalmente Dio, Dio, in ogni
istante, qualunque cosa noi stiamo facendo.
L’ importanza
del Silenzio. Dio è silenzio. La meditazione è silenzio. Dobbiamo ricavare
spazi di silenzio nella nostra
giornata. Non soltanto durante i ritiri spirituali.
“Quando nasciamo noi
piangiamo e gli altri che sono intorno a noi (genitori, parenti) ridono di gioia, quando invece
moriamo noi ridiamo e gli altri piangono.”
In un Satsanga si affronta il tema del suicidio. Si può uccidere il corpo, ma i problemi, le angosce rimangono nella mente e le ritroviamo nella prossima incarnazione.
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