I testi, sia induisti che buddisti, parlano del terzo occhio, la stella a cinque punte inscritta in un cerchio d’oro e circondata da un altro cerchio azzurro opalescente. E’ l’occhio spirituale, legato al sesto chakra, Ajna, posto in mezzo alle sopracciglia. E’ simbolo di saggezza, intuizione, di risvegliate capacità extrasensoriali. E’ espressione della coscienza cristica. “ Se dunque il tuo occhio è singolo, tutto il tuo corpo sarà illuminato”. Matteo, 6, 22.
Molti anni fa, in un periodo di dolorosa convalescenza, mentre meditavo mi apparve improvvisamente la stella a cinque punte di cui tanto avevo sentito parlare. Notai subito che aveva una particolarità: mancavano le due punte inferiori. Quando ne parlai con Swami Sharananda Giri, all’epoca responsabile dell’ashram dell’SRF di Dwarahat, sull’Himalaya, rispose con la sua garbata ironia: “Volevi aggiungere tu con la matita le due punte”? Ma se la stella rappresenta l’archetipo dell’uomo, la testa, le due braccia, e le due gambe, certamente a me mancavano i piedi e mancano tuttora. E questo spiega, forse, perché io mi senta così sradicata.
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