Le
autostrade tagliano in due la foresta. Larghe e diritte. Così, per centinaia di chilometri
.Il paesaggio è sempre uguale, a
volte monotono. Tre ore e mezzo di macchina da Detroit per arrivare a Gaylord,
nel nord del Michigan. Nella città di Vanderbilt, una strada sterrata porta al
ranch, altri chilometri in mezzo alla foresta. Un viaggio che sembra non finire
mai. Alberi, alberi, alberi. Poi, alla fine, il paesaggio si apre: un lago con cigni bianchi, un office e alcune abitazioni
immerse nel verde.
E’ sabato sera, in tempo per la
meditazione delle 20. C’è un
silenzio totale. La cappella dedicata a Yogananda è semplice e ospitale. Si
sale su una piccola altura attraversando un sentiero buio. Kumar, uno degli
ospiti fissi, si presta a farmi da guida.
La
mattina seguente, dopo la colazione, faccio una breve passeggiata all’inizio della foresta. Il tempo è
nuvoloso, ventilato. C’è acqua ovunque, e tanto verde. Il respiro della natura rigenera mentalmente e
fisicamente. Il lago si trasforma
in una cascata, poi in infiniti ruscelli nascosti nel verde. Un ambiente che
concilia la pace interiore. Un’immensa foresta, 800 acres (oltre trecento
ettari) è di proprietà del ranch; si può percorrere a piedi ed ogni sentiero ha
il nome di un maestro della SRF. Venti lotti sono abitati da coloro che hanno
deciso di condividere questo nuovo stile di vita.
E’
domenica. La lettura della cerimonia
riguarda come superare l’egoismo. Tema più che mai attuale . Aiutare gli
altri per essere aiutati. Poveri, malati, carcerati, affamati, assetati,
infreddoliti. Viene letto un passo del vangelo: “ Sono venuto affamato e non mi
avete dato cibo…..” “Meditate, dice colui che conduce il servizio domenicale.
Non dite alla sera: Sono troppo stanco per meditare. Alla fine della vostra
vita vi ritroverete senza aver fatto un passo avanti.” Al termine della
cerimonia mi presentano alcune
delle 13 persone che vivono nel
ranch. C’è anche una giovane signora di origine italiana con un bambina di 3
anni. L’ha chiamata Giacomina, come la nonna materna. Ci sono una trentina di ospiti che vengono da Vanderbilt e da altre città vicine.
Dopo il pranzo vegetariano gli
altri se ne vanno, tornano nelle loro case. Rimango sola a meditare sulla mia
vita e le mie scelte.
Nel
pomeriggio il cielo diventa nuvoloso e comincia una pioggerella fitta.
Compaiono all’improvviso tantissimi uccelli con il petto arancione, mai visti.
Volano per terra in cerca di cibo. Il lago, dopo la pioggia, ha un aspetto
luminescente. Alle 18,30 è prevista la cena con Kumar, che si esibisce come
cuoco in mio onore, ed un altro signore, alto, magro, atletico, dalla risata
ridondante. Un’ ottima cena indiana. Prima di ritirarmi nel mini appartamento che mi è stato
riservato, in una casa isolata,
scambio le mie impressioni con
Kumar. A novembre torna in
India, da anni vive sei mesi nel ranch e sei mesi nella sua casa indiana.Una
scelta invidiabile. D’inverno la neve e il gelo rendono il ranch inospitale.
Lunedì mattina, dopo la colazione, torno
a Detroit.
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