Il semplice “fondersi nel tutto” come una goccia nel mare, senza essersi resi conto di quella totalità,
è solo un modo poetico di accettare l’annichilimento e di eludere il problema
posto dalla nostra individualità.
Perché l’universo dovrebbe
evolvere forme di vita e di coscienza individualizzata se non fosse inerente o
consistesse proprio in ciò lo spirito o la natura dell’Universo?
La questione rimane la stessa, sia che
vediamo l’universo con gli occhi di uno scienziato, cioè un
universo oggettivo di forze fisiche, che con gli occhi di un buddhista, cioè
un’emanazione o proiezione di una forza spirituale, sperimentata
soggettivamente come una
universale e onni-comprendente “coscienza deposito”.
Il fatto stesso
della nostra esistenza individuale
deve avere un posto significativo
nell’ordine dell’ Universo e non può essere ignorato come un deplorevole
incidente o una mera illusione - quale illusione ?– ci si potrebbe chiedere.
Comunque, più importanti dei nostri ragionamenti
psicologici, sono i fatti visibili i quali, molto tempo prima che la religione,
la filosofia o la psicologia, fornissero una qualunque spiegazione, conducono
alla convinzione non solo di una sopravvivenza della coscienza individuale
oltre la morte, in qualche regno superiore o inferiore, ma anche di una
rinascita nel nostro mondo umano.
("La via delle nuvole bianche di Lama Anagarika Govinda" edito da Ubaldini)
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