“Colui che pensa che sia esso a uccidere e colui che pensa sia esso ad essere ucciso, sono tutti e due in errore, perché esso non uccide né è ucciso”. (Bhagavad Gita)
E con parole quasi identiche esprime lo stesso concetto la Katha Upanishad. Poi Krishna nella Bhagavad Gita, aggiunge: “Esso non nasce mai né mai muore, né, essendo ciò che è venuto ad essere, di nuovo cesserà di essere; è non–nato, eterno, permanente, originario; non è ucciso quando il corpo è ucciso”. Come dire: Le armi non fendono il Sé, il fuoco non lo brucia, né lo bagna, quindi si può anche uccidere un’altra persona perché quello che muore non è il Sé, ma soltanto il corpo, un logoro vestito. Sembra quasi una giustificazione di quello che si appresta a fare Arjuna, sia pure con riluttanza: uccidere i suoi nemici, i cugini Kaurava. Noi intendiamo il messaggio della Bhagavad Gita, come un discorso metaforico, simbolico. Arjuna deve uccidere la parte negativa che è in lui, il suo lato Ombra.
Krishna continua il suo discorso ad Arjuna: “Ma se tu non vuoi compiere questa lotta secondo giustizia, allora, col mettere da parte il tuo dovere e la tua gloria, commetterai peccato”. Quindi colui che, per paura o per debolezza, rinuncia alla lotta nella vita quotidiana, commette peccato. Prosegue: “Inoltre gli uomini parleranno sempre della tua vergogna; e per uno di cui si è avuto sempre un’alta opinione, il disonore è peggio della morte stessa”. “O ucciso otterrai il cielo o, vincitore, ti godrai questa terra”. Insomma, lo sprona a superare tutte le remore, tutte le debolezze, tutte le paure, la pietà, per andare avanti con la battaglia e vincere.
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