Alla
memoria degli italiani uccisi in quanto “eretici”, martiri della libertà
religiosa. Testimoni obbedienti del primato della coscienza”.
E’ la
dedica inusuale, con cui si apre l’ultimo libro del teologo Vito Mancuso,
“Obbedienza e libertà”. E alla fine del volume l’ elenco “provvisorio” degli
italiani uccisi in quanto eretici, tra i quali Arnaldo da Brescia, Cecco
d’Ascoli, Giordano Bruno, Geltrude Maria Cordovana, Dolcino da Novara.
Alcuni furono uccisi e poi
bruciati, altri furono bruciati vivi, perché ritenuti “eretici impenitenti”.
Libro
coraggioso. Mancuso usa parole
severe contro i crimini commessi
dalla Chiesa nei secoli. Che cosa è più importante l’obbedienza cieca o la libertà?
– si chiede. La risposta è ovvia: la seconda. La ricerca spirituale si fonda su
due principi: La libertà della mente e l’amore per la verità. Importante è
sfuggire a qualsiasi sudditanza interiore ed esteriore.
San
Pio V nel 1561 – ricorda l’autore- fu il mandante delle stragi dei valdesi in
Calabria con migliaia di morti e fautore di una politica antiebraica. Eppure fu
canonizzato nel 1712. Quanti peccati si deve far perdonare la Chiesa che
privilegia il primato dell’ortodossia su quello dell’ortoprassi!
La
libertà di coscienza è stata negata per secoli per garantire il potere
papalino: ”Eresia e verità sono contrarie e incompatibili solo per il potere,
-sostiene l’autore- ma non lo sono in alcun modo per la ricerca del vero, del
bene, del giusto”.
Capire
ed apprezzare le ragioni degli altri e le religioni degli altri. Mancuso si
augura che sia possibile sostituire l’autorità, concetto cardine della Chiesa,”
con l’aria pulita dell’autenticità”; mette in evidenza i limiti e le
contraddizioni della dottrina cattolica sul concetto di anima, e afferma il
primato della coscienza. Ricorda come il principio cardine di tutte le maggiori
religioni è : “Non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te” e con
parole diverse lo stesso concetto lo ritroviamo nell’induismo, nel buddhismo,
nel giainismo, in Confucio, nell’Ebraismo nell’Islamismo e, ovviamente, nel
Cristianesimo.
Aperto
sulla contraccezione, a differenza dei “teologi moralisti dei palazzi
vaticani”, Mancuso affronta con prudenza i temi di etica e bioetica.
Dio
vuole l’uomo libero, eppure
l’ingerenza della Chiesa nella vita politica italiana è stata per
decenni pesante. E per ricordare la distinzione tra politica e religione Mancuso ricorda
le parole di Gesù:” Date a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è
di Dio”. “Mille anni dello Stato
pontificio, con i suoi eserciti, le sue monete, i suoi tribunali, le sue
condanne, furono anzitutto un tradimento della distinzione evangelica”. Non si
negozia la libertà interiore, ma si può scendere a patti nella realtà per
raggiungere l’armonia tra gli uomini.
L’autore , alla fine, ricorda i “mali tipici degli italiani: la furbizia
e la corruzione”.
Coraggioso,
laico, colto, nel capitolo che
affronta il “Dialogo tra le religioni”, Mancuso avverte che “i cattolici hanno
la sindrome dei primi della classe”. Afferma l’esistenza di un “Logos
universale” . Verità= Bene e non Verità= Dottrina. ”La teologia deve diventare
libera ricerca spirituale”. Dal principio d’autorità – ribadisce- bisogna
passare al principio di autenticità. “L’esperienza spirituale ha più valore
della dottrina”.
“ Vi
sono stati alcuni fenomeni storici nei quali la continua comunicazione di Dio è giunta a prendere coscienza di
sé come Logos o Verbo o Cristo. “La pienezza del Cristo- tiene subito a
precisare il teologo cattolico-
coincide però con la vita umana di Gesù”.
Se la
qualifica di Logos, Verbo e Cristo, “non appartiene in modo esclusivo a Gesù”,
allora perché non chiamare con il loro nome gli esseri realizzati, come il
Buddha, e definirli soltanto “fenomeni storici”? Chissà quanti yogi indù hanno
realizzato la “coscienza cristica”!
Un libro da consigliare soprattutto ai
cattolici osservanti.
La
verità eterna non è patrimonio di una singola nazione o di una singola
religione, ma è patrimonio dell’intera umanità.